«Baristi e ristoratori si trovano adesso in una situazione drammatica. Ci sentiamo abbandonati a noi stessi, senza aiuti, senza informazioni chiare sulle disposizioni anti contagio che dovremo tenere e con prospettive nerissime, anche per il futuro. Molti di noi, facendo un’analisi costi-benefici, rischiano senza dubbio di non poter riaprire più le loro attività».
È questa, in estrema sintesi, l’analisi “nera” del proprietario di un locale monregalese, alle prese con la chiusura forzata della sua attività ormai da due mesi e “costretto”, come tutta la categoria, ad aspettare ancora un mese prima di poter tornare ad una parvenza di normalità.
IL NOSTRO FOCUS SULLA CRISI POST PANDEMIA
Ristoranti: «Dovremo fare i conti con gli spazi»
Bar: «Molti chiuderanno»
L'artigianato: «Alle prese con le nuove norme»
«In questi due mesi di chiusura devo sostenere spese altissime, legate soprattutto all’affitto, alla gestione dell’attività, ai costi dei dipendenti, al pagamento delle bollette e delle fatture dei fornitori che via via sono andate in scadenza. Oltre al cibo deperibile che avevo in dispensa e che è andato sprecato. Ovviamente, il tutto senza neanche un euro di guadagno. È un dramma – prosegue –. Inoltre, visto che l’attività di bar e ristoranti si basa proprio sull’assembramento, cioè sulla presenza di più clienti possibile nel locale, dovremo capire come sarà possibile lavorare e guadagnare rispettando ovviamente le disposizioni attuali e gli ingressi contingentati. Tradotto: i locali perderanno almeno la metà dei posti a sedere, forse sarà necessario installare costosi pannelli in plexiglass lungo tutto il bancone e su ogni tavolino, con altre spese di “ripartenza” davvero importanti, che si accumulano alle già pesantissime uscite di questi giorni. Se, ad esempio, per potermi mettere in regola prima della riapertura dovessi spendere 10 mila euro di plexiglass, il conto è presto fatto: mi conviene chiudere l’attività. Mi sono impegnato al massimo per tutta la vita per poter avere un locale mio e, adesso che le cose iniziavano ad andare un po’ meglio, rischio invece di chiudere tutto».
SVANITI TUTTI I SACRIFICI - «Stavo iniziando addirittura a pensare a qualche investimento futuro per espandere l’attività; ora il frutto di anni di lavoro è svanito, per colpe non mie. Dal Governo ci aspettavamo qualche aiuto concreto, magari una serie di agevolazioni fiscali che avrebbero “alleggerito” un po’ il carico attuale: niente. Non siamo stati aiutati – aggiunge –. I morti di questa pandemia non dobbiamo contarli adesso, aspettiamo a fare il conteggio totale tra un anno, quando i datori di lavoro non potranno più pagare gli stipendi dei dipendenti».
Anche per bar e ristoranti che riusciranno a “tenere duro” per tre mesi e poi riaprire, la situazione comunque appare tutt’altro che rosea. «La possibilità del “take away” prevista per la “fase 2” è importante, ma ci sono ovviamente alcune attività che, per loro caratteristiche, potranno approfittarne maggiormente di altre. Per le pizzerie “al taglio”, ad esempio, va benissimo. Molto più complicato è invece per bar e ristoranti. Sul futuro poi regna grande incertezza, ancora non sappiamo quali saranno le disposizioni da osservare per l’apertura, sia all’interno del locale sia in cucina. Sarebbe utile che qualcuno, dopo due mesi di chiusura, ci dicesse qualcosa. Perché bisognerà organizzarsi e non lo si potrà fare dall’oggi al domani. Certo, se i Comuni concedessero spazi esterni gratis e più ampi sarebbe davvero un buon inizio, ma neanche questo basterebbe per farci tirare un sospiro di sollievo, purtroppo».