E’ il quarto testo di quella che si configura come una collana “Il magistero del vescovo” il volumetto proposto da mons. Egidio Miragoli sotto il titolo “Fede e ministero in momenti difficili”. E raccoglie gli interventi del vescovo appunto nei mesi della grande difficoltà in cui tutti si è rimasti segnati, nel corso della pandemia e quindi del lockdown. Pagine che sanno anche un po’ di diario significativo, con tappe importanti di riflessioni, di decisioni, di passi da compiere in condizioni inediti ed interpellanti. Pagine utili per ripercorrere una stagione che non è finita ancora ma che ha toccato e tocca tutti in profondità. Proponiamo l’introduzione che il vescovo ha stilato, per inquadrare il ventaglio di messaggi maturati in quelle settimane.
«Tutto ha avuto inizio molto lontano da noi, in Cina, a Wuhan, città allora a noi sconosciuta – scrive il vescovo Egidio Miragoli nell’introduzione –. Sono i primi di gennaio quando il virus, che verrà denominato Covid-19, viene riconosciuto molto pericoloso e contagioso. Ma, come in tante altre drammatiche situazioni, purtroppo, si sta un po' tutti tranquilli a guardare, nell’illusione che sia, ancora una volta, un problema di altri. In realtà, il male invisibile, subdolamente e silenziosamente, già serpeggiava tra noi, non si sa da quando. Fin che il 21 febbraio venne riconosciuto ufficialmente il paziente uno, nella provincia di Lodi, che ben presto vide alcuni Comuni messi in isolamento. Da quel momento fu un susseguirsi di notizie, di allerte, di paure, di contromisure, di restrizioni, di divieti, di opinioni tra loro contrastanti, di numeri di ricoverati e di guariti, e di… migliaia di morti. Il Covid-19 era arrivato in Italia e ci aveva colti impreparati. Anzi, per molti, nonostante i decessi, il pericolo era ancora un’"esagerazione" dei media, e il morbo una "semplice influenza". Ora, a distanza di quattro mesi, mentre il virus sembra perdere forza, tutti siamo consapevoli di quanto abbia significato e di quanto sarebbe potuto succedere ulteriormente senza una serena accettazione di norme prudenziali, senza l’abnegazione di tante persone, specie nelle strutture ospedaliere. In ogni caso il contagio, e il pericolo della sua diffusione, hanno imposto un cambio radicale delle nostre abitudini di vita, individuali e collettive, anche nell’ambito religioso e dell’espressione della fede. In particolare sarà difficile dimenticare alcuni passaggi ben precisi che hanno scandito quei giorni di apprensione, quali il divieto di assembramento che ha costretto alla sospensione delle celebrazioni con la presenza dei fedeli dall’inizio della quaresima fin quasi alla fine del tempo pasquale; il divieto di accostare i contagiati, anche quelli in fin di vita, e di celebrare le esequie nella forma consueta; la sospensione delle confessioni individuali e la possibilità di fare uso della forma straordinaria; la dispensa generalizzata dei fedeli dal precetto festivo. Poi, finalmente, la graduale “riapertura” dei luoghi di culto ma con contingentamento delle presenze, obbligo di distanziamento e uso di mascherina. Nel complesso, possiamo dirlo senza reticenze, un’esperienza non facile: per nessuno. I testi qui raccolti in ordine cronologico sono testimonianza parziale del periodo attraversato e dei suoi riflessi sul versante della fede e della vita religiosa nella comunità cristiana monregalese».