di LAPIS
Quest’anno, il titolo potrebbe essere fuorviante, facendo pensare al nuovissimo test introdotto alle soglie della riapertura dalla Regione Piemonte del presidente Cirio, che obbliga le scuole a misurare la temperatura o a richiedere certificazione alle migliaia di studenti che in media hanno gli istituti oggi. Le scuole si sono attrezzate di termometri, modulistica, certificazioni informatizzate, termoscanner, termoscanner d’aeroporto per i più tecnologici, e sono ripartite. No, io sto pensando, con nostalgia da reverie proustiana, ai tempi in cui l’unica preoccupazione era quella di somministrare agli allievi delle classi prime un test per verificarne le dovute competenze. Un’incombenza tipica dei prof di italiano, matematica, lingue, che costringono a un primo giro di fotocopie tale da mettere alla prova ampie zone della foresta amazzonica, salvo le scuole più high tech che negli ultimi tempi offrono prove al computer. Una tecnica molto amata anche dai docenti, che evitano un primo tour de force di correzioni che, solitamente, non dà nemmeno la soddisfazione di produrre un voto, perché la valutazione resta impalpabile, teorica (con grande delusione dello studente che prende 9 al test d’ingresso e poi veleggerà sempre sul 6 e mezzo. Ce n’è sempre uno, e soffrirà di quel mancato riconoscimento fino alla laurea specialistica). Certo, produce utili informazioni sugli studenti (specie se si usano test a crocette o comunque “esatti” come queste prove introduttive...), assieme al primo tema (spesso di auto-presentazione) e al voto di uscita di scuola media. Anche se, a volte, chi scrive sognerebbe di poter offrire a tutti un fresh start, un momento di reinvenzione, una liberazione dalla maschera pirandelliana a cui, in quinta elementare o terza media, siamo già più vincolati di quanto non crediamo. E somministrando i test sente a volte in sottofondo quella canzone che ascoltava così tanto al Liceo: “All in all, you’re ony another brick in the wall...”. Oppure, Pink, un’altra casella annerita sul questionario.