“Balcania”: a Mondovì Toni Capuozzo racconta la guerra e Sarajevo di 30 anni fa

Sarajevo, 30 anni fa. L'assedio di guerra più lungo della storia europea: tre anni che hanno che hanno insanguinato i Balcani, ma soprattutto tre anni - anzi molti di più, perché le guerre balcaniche andarono avanti sino al '99 - che hanno cambiato la storia d'Europa. «Ed è lì, a Sarajevo, che ho capito una cosa: che tutte le certezze europee erano finite». Lo ha detto Toni Capuozzo, storico giornalista di guerra delle reti Mediaset, un volto televisivo a cui tutta Italia associa le guerre nell'ex Jugoslavia. Era a Mondovì ieri sera, sabato 28 maggio, per presentare il suo ultimo libro: "Balcania".

L'incontro si è svolto a Mondovì Piazza, nell'Antico Palazzo di Città. Primo grande appuntamento del festival culturale "Funamboli" organizzato dal'Associazione culturale "Gli Spigolatori". Un festival che incomincia con una doppia mostra fotografica, "R-Esistenze", un coraggioso accostamento di  una galleria di scatti meravigliosamente tragici della Sarajevo dell'assedio firmati Paolo Siccardi e immagini delle Langhe durante la resistenza partigiana.

E poi, Toni Capuozzo, col suo "Balcania". Beffardamente, il sottotitolo recita: "L'ultima guerra europea": «Il libro è stato stampato a gennaio - ammette lui -. Un mese dopo è arrivata la guerra in Ucraina... e così l'editore ha rimosso quella frase». Un libro che raccoglie e riordina articoli e brani di 30 anni fa e successivi: 92, 93, 96 e avanti così. Al tavolo, a intervistarlo, i giornalisti Gianni Scarpace (Provincia granda) e Marco Turco (L'Unione Monregalese). «Il termine "inviati di guerra" non mi è mai piaciuto - afferma Capuozzo -. Noi siamo testimoni che hanno fatto un viaggio all'inferno e ne sono usciti. Non condivido l'epica del cronista di guerra, la retorica. La accetto solo nei confronti di chi non è mai tornato».

E allora gli chiediamo: perché, dopo 30 anni, tornare con la memoria e con le parole a Sarajevo, a Belgrago, a Srebrenica? «Perché venivamo da un mondo di certezze, che la Guerra Fredda aveva stabilizzato: e poi è arrivato il crollo della Jugoslavia, a dire che di certezze non ne esistono. Alla morte di Tito io, come tutti, scrissi: "e ora che ne sarà della Jugoslavia?". Ma nessuno si sarebbe immaginato quella guerra, che distrusse il paese e lo fece a pezzi. Un paese che tutti vedevamo come un esempio di socialismo diverso da quello sovietico. Avevamo delle certezze, e sono finite in pezzi come la Jugoslavia. Volevo rimettere ordine nei miei ricordi di quegli avvenimenti, come si mette rodine nelle vecchie foto. Questo sono stati i Balcani, ed è su questo che voglio riflettere oggi».

SHOOTING SARAJEVO
Domenica 29 maggio, invece, a partire dalle ore 17.00 nella sala di valle della Funicolare, inaugurazione della mostra fotografica e presentazione dell’omonimo libro “Shooting in Sarajevo” con Roberta Biagiarelli e Luigi Ottani. Uno straordinario intreccio di immagini che ripropone in chiave tragica e moderna, giocando sulla duplicità linguistica dello “shooting”, fotografico o bellico, i palazzi e gli anfratti che ospitavano i cecchini durante l’assedio del 1992.

Il festival proseguirà poi il 4 e il 5 giugno con la proiezione del documentario “La transumanza della pace” con Gianni Rigoni Stern e Giuseppe Mendicino (4 giugno ore 17.30, Sala Scimé) e lo spettacolo “Ma il mio amore è paco” con Luca Occelli e Franco Olivero (5 giugno ore 21.00 Giardino della Biblioteca Civica).

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