Comunità in festa a Farigliano: don Marco Sciolla è il nuovo parroco

Il sacerdote è stato accolto durante la Messa celebrata dal vescovo domenica mattina. Ad attenderlo, il primo cittadino Ivano Airaldi, numerose famiglie e i sindaci di Dogliani e Belvedere Langhe

Domenica 17 dicembre, la comunità di Farigliano ha accolto il nuovo parroco, dopo le dimissioni per motivi di salute di don Armando Ferreri. La guida della parrocchia del paese è stata affidata a don Marco Sciolla, giovane sacerdote che ricopre già lo stesso incarico a Dogliani e a Belvedere Langhe. Don Marco, accompagnato dal vescovo mons. Egidio Miragoli, ha fatto il suo ingresso ufficiale in paese durante la Messa delle ore 10. A dargli il benvenuto tutte famiglie, i ragazzi dell'Oratorio e ovviamente il sindaco Ivano Airaldi, l’Amministrazione comunale, i rappresentanti delle Associazioni locali e anche i sindaci di Dogliani e Belvedere Langhe, Ugo Arnulfo e Biagina Cartosio.

Prima della celebrazione, il sindaco Airaldi ha dato il benvenuto a don Marco con queste parole: «La comunità parrocchiale di accoglie calorosamente. Saluto il vescovo, mons. Egidio Miragoli, che, consapevole dell’importanza della presenza di un sacerdote in una piccola comunità come la nostra, ha avuto grande attenzione nei nostri confronti affidandoci a don Marco. Il cambio di un pastore in una comunità rappresenta un nuovo inizio, un qualcosa che si rinnova, una ripartenza e, in quanto tale, si deve accompagnare a sentimenti positivi di fiducia e di speranza per il futuro, anche quando capita in un periodo non facile come questo, devastato da guerre insensate. Carissimo don Marco, ho avuto il piacere e l’onore di conoscerti qualche anno fa e mi torna sempre in mente quanto sia stato importante il sostegno morale e spirituale che hai dato a don Giorgio, in un momento particolarmente difficile della sua vita. Il tuo esempio fa bene a noi adulti e ancor di più ai ragazzi e ai giovani, perché ci ricorda che il Signore chiama e che la gioia di ciascuno di noi sta nel rispondere con generosità. Possa San Nicolao, nostro patrono, accompagnarti in questo tuo nuovo cammino, in questo nuovo ministero e in quello di ciascuno di noi, affinché si riesca a costruire insieme una nuova pagina di storia della nostra parrocchia. Benvenuto nella nostra famiglia, benvenuto a casa».

Il vescovo, nel suo intervento, ha salutato e ringraziato i moltissimi presenti, presentando poi alla comunità il nuovo pastore e ricordando anche la figura di don Armando Ferreri, parroco di Farigliano per poco più di un anno, prima di essere costretto alla dimissioni per motivi di salute.

Questo il suo intervento: "Cari parrocchiani di Farigliano, nelle scorse settimane, compiendo la visita pastorale in Valle Bormida, sono stato colpito da un dettaglio: in un piccolo cimitero di paese, le lapidi certificavano che due soli parroci avevano coperto l’arco temporale di ben 97 anni. Già altre volte avevo notato qualcosa di simile, e quindi non era un’eccezione. Inevitabilmente, mi sono sorte alcune domande: come riempivano il tempo in contesti così piccoli e sperduti, quei preti? Come potevano resistere così a lungo? In verità la risposta è più semplice: ciò che oggi ci appare eroico allora non lo era; i nostri preti vivevano semplicemente alla stregua delle famiglie dei nostri paesi e delle nostre borgate. Vi appartenevano con mansuetudine e naturalezza, assegnati per un tempo disteso, quello di una intera vita.

Parroci e parrocchie ieri: Erano tempi diversi: i sacerdoti erano numerosi; per diventare parroco occorreva presentare domanda, sottoporsi a un concorso articolato su parte scritta e parte orale. Una volta ottenuta una parrocchia, il parroco godeva giuridicamente di stabilità, ma soprattutto non era conveniente per lui lasciare quella parrocchia, anche nelle difficoltà, perché il rischio era quello di non poterne più avere un’altra dove vivere il proprio sacerdozio, e comunque voleva dire sottoporsi a un nuovo e incerto concorso. Non era un’epoca in cui le scelte definitive spaventassero. Vivevamo, o vivevano, un’unica dimensione, quella della concretezza. E la concretezza non ama la volatilità.

Questa digressione è per segnare una differenza, per porre in evidenza come i tempi siano mutati. Oggi, i sacerdoti sono pochi, e tutti viviamo entro un dinamismo che ci farebbe percepire come soffocante la prospettiva dell’inamovibilità. Oggi, tutto è rapido e tutto è in movimento. Rimanere cinquant’anni in un paesino non so per quanti costituirebbe un’ipotesi felice.

Parroci e parrocchie oggi: Quanto a noi, è trascorso poco tempo – poco più di un anno – da quando, dopo le dimissioni di don Giorgio Burdisso, ho accompagnato don Armando Ferreri come nuovo parroco, già ultra settantenne e con qualche difficoltà di salute, che ora si è aggravata costringendolo alle dimissioni. Ed eccoci oggi qui a ripetere lo stesso rito.

Tutto questo racconta la precarietà del tempo in cui viviamo. Un clero meno numeroso e avanti in età fa fronte con generosità e abnegazione alle esigenze pastorali. Ma non può l’impossibile! E il possibile è questo frequente avvicendarsi di sacerdoti assegnati a parrocchie sempre più numerose.

Dico tutto questo perché la giovane età di don Marco potrebbe trarre in inganno, quasi segnare un vantaggio per Farigliano, facendoci dimenticare, invece, la situazione difficile che viviamo. Don Marco è, sì, giovane, ma non sarà a tempo pieno per voi, e non vivrà a Farigliano, avendo già altre parrocchie, compresa Dogliani, comunità molto più grande.

Su questo presupposto permettetemi due considerazioni. 

La parrocchia e il cuore del parroco: Parto da una citazione di don Mazzolari, grande parroco cremonese degli anni cinquanta del secolo scorso, che diede una bella definizione di parrocchia. Scriveva:

“La parrocchia è costituita dal cuore e dalla casa del parroco, dalla chiesa di pietra, dal cuore e dalla casa dei parrocchiani”.

In questa definizione c’erano tutti gli elementi essenziali delle nostre parrocchie tradizionali. Indubbiamente risaltano il cuore del parroco e il cuore dei parrocchiani: senza “cuore”, che significa senza passione, senza desiderio, senza amore reciproco, non ci può essere comunità cristiana. O, per usare altre parole di don Mazzolari: “parrocchia e parroco sono due fatti di amicizia e di intimità”. A nulla servirebbero le strutture, compresa la chiesa, se non ci fosse chi la abita con atteggiamento fraterno, generoso, evangelico.

Ma proprio il verbo “abitare” ci richiama al problema cui accennavo: a differenza del passato, infatti, in tante parrocchie di oggi non c’è più la casa del parroco, o meglio c’è, ma è vuota, non ha più le finestre illuminate la sera, la porta è chiusa. Questo, direi, è l’elemento che balza agli occhi e che fa cogliere il cambiamento.

Purtroppo sarà così anche per la casa parrocchiale di Farigliano. La casa sarà disabitata, e forse potete immaginare quanto mi costi pensarla così: sapere che non c’è più un parroco per ogni parrocchia, non c’è più una sentinella spirituale per ogni comunità. Dopodiché, mi consola pensare che certamente don Marco garantirà l’attenzione e la cura pastorale necessarie. Detto diversamente, il suo cuore sarà anche per voi, vorrà bene anche a voi.

Certo, è un peccato che la difficoltà dei tempi privi lui della possibilità di vivere fra voi, e voi del senso di sicurezza e vicinanza che dava la presenza del parroco nella sua casa.

Il cuore del parroco e il cuore dei parrocchiani: Il cuore di don Marco sarà qui, certo. Ma il cuore del parroco non basta per fare la parrocchia. Serve anche il cuore dei parrocchiani, serve la sinergia che genera la vita, come accade fra il contadino e il suo campo, fra lo sposo e la sposa. E qui si innesta il secondo pensiero che voglio lasciarvi.

Si è soliti accentuare il tema del servizio del parroco verso i parrocchiani, la sua presenza, dedizione e vicinanza alle persone e alle famiglie. Tutto vero: fa parte della sua missione, si è preti per questo. Ma la parrocchia per essere “Chiesa viva” e non semplice istituzione esige reciprocità: “il cuore del parroco e il cuore dei parrocchiani”, dicevamo. Come ogni dono, anche quello del parroco, elargito dalla Chiesa locale a una o più comunità, deve trovare chi lo accoglie e gli consente di operare e servire.

Anche il parroco ha bisogno di aiuto e di vicinanza, di amicizia, di comprensione e di collaborazione. Sempre, ma soprattutto di questi tempi, dove la stessa persona ha più compiti; ha la non facile responsabilità di garantire a tutti il necessario; deve far fronte, purtroppo, lasciatemelo dire, a egoismi e pretese ingiustificate (anche su cose religiose) che con la vita cristiana non hanno nulla a che fare. Basterebbe pensare alla questione “cappelle”, “feste delle cappelle”, “gestione delle cappelle”.  Una questione che sovente mostra quanto ancora devono crescere le nostre comunità.

Condizioni per un cammino efficace: Lo dico in genere, e lo chiedo a voi espressamente per don Marco. Il suo servizio sarà possibile ed efficace solo a queste condizioni: se sarà riconosciuto il suo ruolo di guida, di capo cui, però, tutto il corpo deve permettere di attuare le sue intuizioni e di trasformarle in atti concreti.

Cari cristiani di Farigliano, è necessario un cambio di mentalità, certamente una mentalità più evangelica in cui ognuno mette al primo posto l’altro con le sue esigenze e le sue fatiche, posponendo sé stesso, con spirito di autentica carità.

Ovviamente capisco la difficoltà e insieme la bellezza di tutto ciò. Per questo prego e vi chiedo di pregare con me, invocando lo Spirito Santo sul vostro cammino.

 

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