Un festival, almeno per chi scrive, è – un po’ come, molto più frequentemente, accade per la cinematografia – l’occasione per vivere un momento di interesse artistico, culturale, oltreché sociale: un festival è una vetrina, lo sforzo fatto per declinare un tema, approfondirlo, aprire gli orizzonti e non solo godere di ciò che si conosce, ma affacciarsi sul mondo e scoprire quello che non si conosce ancora, o solo da lontano. Questa interpretazione non è forse l’unica chiave di lettura di un Festival, ma se è la base su cui si poggia la valutazione del ToDays, allora non si può che dare un ottimo voto alla manifestazione musicale proposta a Torino lo scorso week-end.
Il festival ha saputo ben interpretare il proprio obiettivo: parlare del presente, essere contemporanei. Una serata che poteva apparire di “revival” come quella con Jesus and Mary Chain ha mostrato chiaramente la volontà di parlare del passato (la nascita dello shoegaze), per parlare di ciò che oggi risente di quelle influenze (Francesco Motta e i californiani Local Natives). C’è stata l’inaspettata sorpresa di John Carpenter: nonostante il regista statunitense sia una sorta di leggenda nel mondo cinematografico, difficilmente ci si poteva aspettare di venire così appagati dalla meraviglia dei suoni delle colonne sonore da lui composte, ascoltate dal vivo: un festival fa anche questo, spiazza.
Lo ha fatto John Carpenter, così come in modo positivo il set con le tre batterie dei Soulwax o, con qualche perplessità in più, iCani. Anche la serata conclusiva – a cui ci si è approcciati un po’ più “al buio” – ha saputo riportare all’attenzione dell’ascoltatore la sorpresa dei Goat (non solo per le maschere), scoprendo che dalla fredda Svezia giungono atmosfere assai caleidoscopiche, o le aspettative (quasi del tutto confermate) riposte nei suoni acidi dei Brian Johnston Massacre. Un festival deve essere un fulmine a ciel sereno, qualcosa che ti aspetti, ma non del tutto, come il reading pomeridiano di domenica con Elio Germano e Teho Teardo impegnati a restituire le emozioni di una lettura intensa come quella di Celine e del suo Viaggio al Termine della Notte.
L’ultima considerazione che si porta con sé il ToDays Festival verte su come possa essere descritta, oggi, la musica: si ha la sensazione che siano venute giù, o stiano per essere abbattute, le ultime barriere tra i generi. Quelli che ci si trova ad ascoltare sono degli ibridi sonori (che i Crystal Fighters portano al loro estremo) in cui ormai si mette dentro tutto e il suo contrario, dei vasi di Pandora che una volta aperti a fatica offrono una direzione, ma confondono, ricchi di riferimenti, di citazioni, ma talvolta troppo derivativi. Ma per questo, fortunatamente, esistono i festival, occasioni in cui ci si ferma, si ascolta, ci si confronta, e infine si sceglie.
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