C’è un filone musicale che è molto legato alla tradizione del jazz, e che spesso nel nostro Paese ne subisce troppo i confini, restando all’interno di uno spazio ristretto di ascoltatori “di genere”. É incredibile invece come poche centinaia di kilometri più ad ovest, in Francia, quella mescolanza che parte da una tradizione popolare acustica e che si impregna di swing, folk, rock e altri generi, abbia avuto la capacità di declinarsi in varie direzioni, con interpretazioni e sensibilità assai variegate tra loro: la musica francese, vuoi per le regole che si è dato il sistema, vuoi per un innato sciovinismo, è ricca di band che si muovono accanto ai generi popolari con maggiore disinvoltura, dai ritmi de Les Negrèsses Vertes al “punk” de Les Têtes Raides, fino ad arrivare al meltin’-pot de La Rue Kétanou o al cantautorato di Mano Solo (il primo disco a dir poco dirompente). Questa considerazione è nata in poco tempo, all’ascolto del nuovo disco dei Med In Itali. La band, che gravita in un triangolo “delle Bermude”, tra le torinesi Officine Corsare, le zone collinari dell’Astigiano e la campagna cuneese, propone un genere di non facile connotazione, ma che dopo qualche ascolto più approfondito ha richiamato alla tradizione citata poc’anzi: un cantautorato intriso di jazz e sonorità folk. Non tragga in inganno l’apertura del disco con un brano latino come Cumal’è, dalla successiva (e omonima) Med In Itali ci si tuffa in atmosfere sempre più jazz e con Maledetta Primavera se ne percepisce la cifra (ed è forse il brano più riuscito di tutto il disco) e si comincia a tutti gli effetti il vero viaggio all’interno del disco. Si Scrive Med In Itali è un disco in cui leggerezza e profondità, di testi e storie narrate, si declinano a seconda dei brani in modo variegato e diventano registri che si parlano e mescolano l’uno con l’altro. Ascolto e attenzione non devono calare per poter cogliere i vari tentativi della band in fase compositiva e scelte artistiche: brani come Eroi, Tranquillità, Comico o La Nonna non possono essere “di sottofondo”; per la ricchezza degli arrangiamenti, i suoni ed i testi bisogna prenderli sotto braccio, accompagnarcisi, prima di entrare nel “mood giusto” e apprezzare la loro ricercatezza.
Come si scrivono ancora canzoni jazz
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