Video razzista, l’avvocato: «Quel video non andava diffuso, Marco si scusa con tutti»

La replica del legale del ragazzo: «Tutti ne stigmatizziamo i contenuti ma si tratta di una sceneggiatura da vedere e cancellare tra amici»

Il caso è ormai esploso a livello nazionale, anche se risale a due settimane fa: il video shock realizzato da Marco Rossi, 19 anni del monregalese, con frasi dai contenuti violenti, razzisti e sessisti. Riceviamo e pubblichiamo l'intervento in merito del legale che cura il caso, l'avvocato Alessio Ghisolfi.

«Assumiamo oggi una doverosa posizione in ordine all’episodio relativo ad un video privato, diffuso ad insaputa del mio assistito e senza alcun suo consenso, su canali social e strumenti multimediali. Questo frame destinato una visione privata, e non pubblica, ha destato clamore, in considerazione dei toni utilizzati, elevandosi a manifesto e programma politico, mentre in realtà si è trattato di una sceneggiatura privata che tale resta».

«Tutti ne stigmatizziamo i contenuti ma prima dobbiamo comprendere che si tratta di una sceneggiatura da vedere e cancellare tra amici; un gioco che non piace, appositamente utilizzo questo termine, ma che ha un solo movente privato e non pubblico come l’illecita diffusione gli ha attribuito. Non ha infatti un fine divulgativo e meno che mai è stato concepito con l’obiettivo di divenire strumento di diffusione di odio come un suo utilizzo distolto, ad opera di terzi, ha invece prodotto. Una condotta privata che diviene certamente paradossale, non condivisibile e provocatoria a maggior ragione quando si eleva a lettura pubblica nell’epoca della velocità e dei social e nell’attuale panorama di dura conquista dei diritti e delle libertà.

«Marco– prosegue l’avvocato Ghisofi –, dopo giorni di riflessione trascorsi nel dolore, si scusa oggettivamente ed a prescindere con quanti possano essersi sentiti toccati su un tema con cui giustamente è molto difficile scherzare, forzare la mano, provocare anche nel proprio privato; l’approccio provocatorio e l’indignazione generale determinato dalla rivista parigina Charlie Hebdo, in questi anni, ha molto segnato il dibattito internazionale sul tema e sul valore delle parole. Ma questo video non era destinato alla sua diffusione pubblica, non è mai stato questo il suo obiettivo e non è la rappresentazione di questo ragazzo di 19 anni: egli conosce la storia e si è rivolto a me poiché ha vissuto l’esperienza del treno della Memoria che li ha portati ad Auschwitz; conosce le conseguenze del tema che oggi trattiamo e che ha vissuto un sopravvissuto alle barbarie delle leggi del 1938 che lo stesso, accoratamente, ha raccontato a Magliano Alpi e nel libro testimonianza che ho firmato con Giancarlo Caselli. Estrapolare illecitamente un video da un contesto privato e diffonderlo attribuendogli un movente non è rappresentare il pensiero e l’obiettivo di Marco, che si scusa con tutti, con le persone citate e con la sua famiglia».

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