In strada con un coltello da 36 cm, ex richiedente asilo di Magliano condannato

L’uomo, 38enne, era stato fermato a Cuneo, per le strade di Borgo Gesso. Il prefetto il precedenza aveva revocato la misura di accoglienza

immagine di repertorio

(a.c.)Vagava nel cuore della notte per le strade di Borgo Gesso, a Cuneo, in stato confusionale e con un grosso coltello in mano. Per primi erano arrivati due operatori sanitari dell’ambulanza del 118, poi una volante della Questura di Cuneo, che aveva provveduto a identificare e denunciare il possessore dell’arma. L’uomo, come raccontato da uno degli agenti, non si era mai mostrato ostile. «Era tranquillo, seduto sul marciapiede. Il coltello, dalla lama lunga 36 cm, era stato recuperato sotto l’ambulanza, dove lo aveva lanciato».

Ai poliziotti aveva mostrato i documenti: una carta d’identità italiana e una richiesta d’asilo che risultava però scaduta. Era stato quindi possibile identificarlo nella persona di I.J., classe 1981, di nazionalità gambiana. Dagli accertamenti risultava che la misura d’accoglienza nei suoi confronti era stata revocata dal prefetto, perché il richiedente asilo si era allontanato tempo prima dalla struttura di Magliano Alpi della quale era ospite nell’ambito del progetto Sprar.

La vicenda risale al maggio dello scorso anno. Ora il richiedente asilo è finito a processo davanti al tribunale di Cuneo. Il pubblico ministero Raffaele Delpui ha chiesto nei suoi confronti la condanna a un anno di arresto e 2mila euro di ammenda: «Grave che si giri con un coltello di quelle dimensioni alla periferia di Cuneo, tenuto conto del nostro contesto socio-territoriale». Il rappresentante della Procura ha stigmatizzato il fatto che sul posto fossero giunti prima i sanitari e solo in seguito la volante della polizia: «In modo molto bonario qualcuno che lo ha visto ha pensato di chiamare la Misericordia anziché le forze dell’ordine: questo però ha esposto a una situazione potenzialmente pericolosa l’equipaggio dell’ambulanza».

La difesa ha sottolineato per contro che l’imputato, incensurato all’epoca dei fatti, non si era mai mostrato minaccioso nei confronti di chi lo aveva avvicinato. Il giudice Francesco Barbaro ha, alla fine, accolto la richiesta di condanna così come formulata dal procuratore.

 

 

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