“Vai col liscio”: un genere sempre vivo

Con la partecipazione degli Extraliscio a Sanremo, e l’evento luttuoso della scomparsa di Raoul Casadei, il mainstream è tornato a occuparsi di liscio. Genere talvolta bistrattato, eppure più vivo che mai

Foto D. Pavan

Non è raro che, nell’ambiente della musica e non solo, si guardi al mondo del liscio con un po’ di snobismo. Eppure cimentarsi con le partiture del genere e spesso impossibile, per un musicista che non abbia raggiunto un certo livello di esperienza (cosa che non si può dire della maggior parte della musica, anche più blasonata, che si ascolta in radio). Nel mainstream fa raramente capolino, eppure ha una solida platea di appassionati e ascoltatori che il resto dell’industria musicale, in sofferenza ormai cronica, si sogna. Quello del liscio in Italia è quasi come un curioso mondo parallelo: ha i suoi canali di comunicazione, per lo più locali; ha i suoi divi e i beniamini del momento. Concerti che si svolgono, anche qui, in un circuito preciso di spazi, spesso anche con un sontuoso apparato tecnico. Chi non lo frequenta pensa al mondo del liscio come una sorta di parco di divertimenti autoreferenziale che replica sé stesso ad uso e consumo di una folla di nostalgici. In realtà il liscio è più vivo che mai e sa parlare al suo pubblico, rinnovandosi costantemente sull’onda di una sola missione: divertire la gente con spensieratezza, accontentare i suoi gusti nel modo più puntuale possibile, con buona pace di chi storce il naso davanti al kitsch, alle “buone cose di pessimo gusto”. Allora via con la canzone sui caduti di Nassirya (“Eravamo in 19” di Matteo Tarantino), su Padre Pio (“Padre Pio” di Michele Rodella), perfino sul populismo (“Mari e monti”, Daniele Tarantino). La parola d’ordine e sintonizzarsi con il sentimento popolare. Cosi ogni orchestra, ma prima ancora ogni territorio, ha il suo piccolo mondo musicale. La “Musica Solare” di Raoul Casadei, e in generale il liscio romagnolo, parla di spiagge, vacanze, divertimento, avventure romantiche. Il piacentino Bagutti, le orchestre emiliane e lombarde o, ancora di più, il rustico liscio piemontese... Raccontano invece storie di paese, amori quotidiani, la durezza della vita di un tempo, i valori tradizionali, anche cristiani (tra le canzoni di maggior successo del liscio piemontese c’è la celebre “Madonnina dai riccioli d’oro”). La tradizione è il perno di tutto: si parte dalla musica popolare, i balli tradizionali dell’aia che, nel tempo, si contaminano con l’opera e l’operetta, i motivi e le canzoni fatte conoscere, tra le altre cose, dalle bande paesane. Influenze che si innestano sui ritmi del ballo tradizionale. Se in Romagna signoreggiano gli strumenti a fiato e dominano velocita e virtuosismo, nella pianura padana e la fisarmonica a farla da padrone, con ritmi più distesi. Basta ascoltarlo per capire che, quali che siano i suoi esiti, il liscio è tutt’altro che un genere chiuso: è una musica che ha sempre saputo ascoltare quanto accadeva intorno a sé e aggiornare il proprio suono. Nel liscio di Secondo Casadei, e della sua orchestra negli anni Venti, convivevano spunti classici con le sonorità del jazz. Il nipote Raoul ha traghettato il ballo nell’epoca del beat e del pop, puntando sulla forma canzone e mescolando i suoni della tradizione agli strumenti elettrici. Oggi al valzer, alla mazurka, alla polka, si aggiungono cumbia, reggaeton, beguine, altri ritmi latino-americani; e alla fisarmonica, al clarinetto in do si accostano sintetizzatori, chitarre elettriche, drum machines. Lo scopo resta divertire ed emozionare chi ascolta.

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