Inchiesta sulla casa di riposo: anche il “Sacra Famiglia” sotto indagine per “epidemia colposa”

Una RSA con 21 decessi covid, infermieri positivi, personale assunto in corsa e senza il tempo necessario per essere formato. Un direttore sanitario di ruolo ricoverato in ospedale col virus, sostituito da un supplente. Circa metà oss fuori servizio. Una nuova direttrice che non può assumere l'incarico perché a casa. Il "Sacra Famiglia" di Mondovì, che fino a due settimane fa sembrava un bastione nella lotta al covid, ora sembra travolto dagli eventi. E questo mentre i numeri hanno cominciato a venire a galla - anche attraverso i nostri articoli.

E ora, anche l'indagine della Procura di Cuneo: sì, perché anche la Casa di riposo di Mondovì finisce sotto la lente della magistratura. In Procura a Cuneo c'è un fascicolo aperto con l'ipotesi di reato di epidemia colposa – la stessa che si trova in molte altre indagini simili che sono state avviate in tutto il Piemonte. Un fascicolo senza indagati. Ma, a differenza di tante altre RSA su cui sono in corso accertamenti generici, l'indagine sulla Casa di riposo di Mondovì è una fra quelle più specifiche e sotto maggiori osservazioni - per capirci, proprio come è avvenuto per Villanova (anche in quel caso senza indagati).

Questa è solo l'ultima delle novità sulla RSA di via Ortigara a Mondovì. Oggi è il giorno in cui avrebbe dovuto assumere l'incarico la nuova direttrice della struttura: ma non è accaduto, in quanto la stessa è ancora costretta a restare a casa perché positiva al covid (non lo ha contratto nella struttura monregalese). Nella struttura, in cui a oggi si contano  21 decessi per covid, il malcontento nel personale comincia a farsi sentire. Tra ieri e oggi è circolata la notizia che il direttore sanitario "in ruolo" (da giorni sostituito da un supplente)  è stato ricoverato in ospedale, positivo al virus.

Intanto, il muro del silenzio comincia a crollare. A parlare sono stati, per primi, i sindacati: che hanno parlato senza mezzi termini di «situazione ingestibile», stigmatizzando l'operato del CdA e chiedendo addirittura «di affidare la gestione di questa emergenza ad una figura preparata che possa gestire l’emergenza con competenze sanitarie adeguate». E negli ultimi giorni anche fra il personale c'è chi ha rotto le esitazioni. Parlano, raccontano. Ma chiedono l'anonimato. Non vogliono apparire con frasi dirette, che potrebbero far emergere dettagli che rendono riconoscibili chi ha voluto parlare. E dicono che già da febbraio, quando nulla era stato chiuso, vi sarebbero stati decessi improvvisi e un po' troppo frequenti. Spiegano che circa metà delle oss sono fuori servizio e che troppo spesso il personale con cui sono state sostituite era sguarnito o non aveva mai lavorato in una RSA: andrebbe formato, ma non c'è tempo. I percorsi "sporchi" per la vestizione e la svestizione di chi lavora nel reparto covid non erano gestiti a dovere: lo sono solo da pochi giorni, quando finalmente è stata prevista un'area isolata per far cambiare le oss che lavorano in area covid. Prima si cambiavano a turno, ma comunque tutte nella stessa zona. E c'è un dettaglio, nei tanti che vengono raccontati, che fa pensare: ciò che è avvenuto quando l'Istituto ha deciso di procedere con l'isolamento del primo "reparto covid". Non è accaduto ciò che è è stato fatto altrove, ovvero: porre in quarantena gli ospiti positivi (o sospetti) nella stanza in cui erano. Al contrario, gli anziani sono stati spostati. Forse è qui che il virus si è diffuso.

Su tutti questi fatti si attende, domani, una risposta del CDA: il presidente ha convocato una conferenza stampa per le 10 di domattina, all'esterno della struttura.

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