«È pazzesco, è davvero pazzesco – ha commentato il presidente Alberto Cirio quando, domenica 4 ottobre, è salito in Val Tanaro per guardare coi suoi occhi quanto era successo –. Il Piemonte ha davvero pagato abbastanza, questa volta». La piena è arrivata la sera di venerdì 2 ottobre, dopo quello che alcuni meteorologi hanno già definito “il monsone del Piemonte”, la più incredibile pioggia che si sia mai vista: mezzo metro di precipitazioni in 12 ore, con venti che hanno piegato gli alberi e uno tsunami caduto sulle vallate. Troppo in fretta perché la terra lo assorbisse. Così ha finito per ingrossare i fiumi: il Tanaro, il Casotto il Corsaglia. E altrove il Sesia, il Roya e tutti gli altri. La mattina di sabato 3 ottobre lo scenario era disastroso. «Mi lascia sorpreso il fatto che ovunque vada, da Ceva a tutta la valle Tanaro – ha detto Cirio –, mi si dica che l’acqua è uscita dove era già uscita. Basta mettere toppe, vanno fatti interventi strutturali definitivi. Serve una prospettiva per evitare che si torni in ginocchio».
LA CONTA DEI DANNI. Sono oltre 360 gli interventi urgenti che la Regione Cirio ha presentato al Ministero degli Interni. La prima quantificazione dei danni alle infrastrutture e alle opere pubbliche ammonta ad oltre 150 milioni di euro, ma in circa metà dei Comuni è ancora in corso la valutazione delle conseguenze delle piogge straordinarie del weekend. Sommando i danni alle opere pubbliche a quelli subiti dai privati, famiglie e aziende (industria, commercio, artigianato, agricoltura) la cifra complessiva si aggira intorno a un miliardo di euro. Il Cuneese, dove i paesi di Garessio e Limone Piemonte sono stati devastati dalla piena e le stazioni sciistiche distrutte, segnala almeno 50 interventi urgenti per un parziale di circa 64 milioni di euro, a cui andranno aggiunti sei interventi non ancora quantificati. .
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«Di concerto con il Dipartimento nazionale della Protezione civile – aggiunge il presidente Cirio – abbiamo deciso di chiedere l’accesso al Fondo di solidarietà dell’Unione europea insieme a Liguria e Francia in modo da avere più possibilità di un riscontro positivo». Gli fa eco l’assessore Gabusi, anche lui salito in valle già sabato 3 ottobre: «Se non abbiamo modo di contrastare i danni causati dai cambiamenti climatici, che fanno ormai parte della nostra vita quotidiana, con interventi importanti e costosi sul territorio, il Piemonte è destinato ad un futuro di disastroso declino». C’è chi sta calcolando se questo disastro sia più grande o più piccolo rispetto a quelli del ’94 o del 2016. Ma il punto non è quello: il punto è che dopo il ’94 e dopo il 2016, ne avremmo anche abbastanza. E invece, rieccoli. Aspettiamolo pure, quel miliardo di euro. Tanto, se non arriverà (o se arriverà in minima parte), ormai l’abbiamo capito che la Valle quel secchio e quella pala li metterà anche la prossima volta. E metterà anche le braccia, il fiato e il cuore. Ma sarebbe davvero ora che qualcosa cambiasse.
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