Era la notizia che tutti temevano e che nessuno voleva. Ma è successo: le scuole sono state nuovamente chiuse. La notizia è diventata ufficiale venerdì: il virus è esploso, i contagi sono saliti e da lunedì 8 marzo gli studenti sono tornati tutti a casa. Dalle Materne alle Superiori, tutti tranne gli asili nido. E i genitori sono sbottati. Striscioni ai cancelli delle scuole, un tamtam infinito nelle chat di gruppo, tempesta di foto dei ragazzi chiusi in casa con cartelli che urlavano: «Questa casa non è una scuola!». Venerdì pomeriggio scenderanno in piazza, davanti al municipio di Mondovì, per ribadire il diritto negato a migliaia di ragazzi e bambini a stare in classe. Negato dal virus, negato dal Dpcm, negato dalle ordinanze, lo si dica come si vuole: comunque negato.
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«Questa casa non è una scuola!»: la foto-protesta dei ragazzi in DAD
LA PROTESTA DELLE FAMIGLIE
I genitori si sono organizzati sotto l’egida del gruppo PAS, “Priorità alla scuola”. Venerdì 12 marzo si sono dati appuntamento alle 17 di fronte al Comune di Mondovì: con mascherine, a distanza, senza assembrarsi. Ma anche con i cartelli e gli striscioni, simili a quelli che sono stati affissi alle scuole – anche a Mondovì (a Piazza, a Sant’Anna), a Vicoforte, Villanova e in altri plessi. «Manifesteremo con tutti coloro che hanno a cuore la tutela del diritto all’istruzione – hanno scritto sul manifesto –. Solo mantenendo le scuole aperte, i diritti alla salute e all’istruzione potranno conciliarsi. Le scuole sono già un presidio per la prevenzione, e non ci riferiamo solo ai protocolli sanitari in vigore: chi è istruito a fare prevenzione si cura meglio di chi non lo è».