È proprietaria di una tabaccheria da 23 anni. Barbara Favole ha aperto nel 1999 in un settore che oggi è cambiato tantissimo: «Questo una volta era un negozio: oggi è diventato un servizio». Oltre a sigarette, accendini, riviste e giornali, il “tabachin” è diventato uno sportello: qui si pagano le bollette, gli F24, le ricariche del telefono, il bollo auto. «Mica per caso durante l’emergenza Covid siamo sempre rimasti aperti – ci dice – affiancandoci a tutti quegli sportelli, come banche o poste, che invece hanno ridotto orari e accessi». Il suo negozio si trova all’imbocco di via Ripe, una via che sta fra due rioni: Breo e l’Altipiano. «Non è “centro storico” – dice –, ma è una zona di enorme passaggio».
Della sua attività, però, le sta a cuore soprattutto un tema: l’impegno di chi lavora in proprio. Da donna, anzi soprattutto da donna imprenditrice, Barbara parla delle difficoltà: «Una città come Mondovì è piena di attività in mano a donne, titolari, imprenditrici – ci dice –. Ci confrontiamo spesso sulle difficoltà. L’emergenza Covid ne ha mostrate tante: per esempio, non c’è cassa integrazione né c’è mutua. Si deve imparare a ragionare con una mentalità diversa, ottimizzando i tempi e pensando: è il mio lavoro, lo devo fare. Se hai in mano una tua attività, la devi mantenere: se chiudi, chiudi a tue spese. Si apre il negozio anche col braccio ingessato, sotto chemio… o in gravidanza. Quando è stata dichiarata l’emergenza Covid, il Governo ha disposto che le tabaccherie, in quanto “servizi essenziali”, dovessero garantire 6 ore di apertura al giorno: ma noi non avevamo chi ci passava i DPI, è stato tutto a nostre spese». Quanto pesa lo stereotipo maschilista di chi pensa che una donna non possa essere imprenditrice, ma debba stare a casa a badare alla famiglia? «È un retaggio di qualcosa che oggi non ha più senso – risponde Barbara –. Eppure ci sono persone, anche clienti, magari provenienti da alcuni contesti culturali, che non accettano di vedere una donna che gestisce un’attività. Quelle volte, è dura».
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