L’anno scorso, durante un’interessante intervista, ci aveva raccontato il suo progetto, all’epoca appena imbastito: girare il mondo, venire a contatto diretto con le culture e le tradizioni dei popoli ancora meno conosciuti e più “lontani” dal nostro modo di vivere, e portare poi le persone alla scoperta di tutto questo. Alice Borsarelli, briagliese, non ancora trentenne, da ormai una decina d’anni viaggia per l’intero pianeta e a poco a poco, un passo dopo l’altro, è riuscita a trasformare la sua passione in un lavoro vero. Dopo il diploma al Liceo sportivo e tanti, tantissimi viaggi, molti dei quali della durata anche di diversi mesi, spesso in solitaria, in Paesi lontani di cui all’inizio sapeva ben poco e non conosceva neanche la lingua, ora è una “travel designer”. Seguito con profitto un Master internazionale in “Travel & destination expert”, adesso dedica anima e corpo al suo sogno: creare viaggi ed esperienze di vita per i suoi clienti, diventando anche accompagnatore turistico, in modo da poter seguire gli appassionati, fisicamente, nei posti che lei prima ha già “testato” e conosciuto di persona, preparando il terreno. Proprio in questi giorni abbiamo contattato Alice che, guarda caso, si trova a migliaia di chilometri da casa, in Asia centrale e più precisamente in Kirghizistan («Che qui ho scoperto si pronuncia “Kirghistan”» ci racconta), per una nuova esperienza di lavoro e per piacere, completamente da sola, alla scoperta di un Paese ancora sconosciuto ai più, che offre panorami mozzafiato, scambi culturali emozionanti e possibilità turistiche ancora tutte da esplorare.
Alice, raccontaci cos'è successo nell’ultimo anno e “cosa ci fai” ora in Kirghizistan…
Nell’ultimo anno ho lavorato e viaggiato. Nel mio primo anno come “travel designer”, sono stata in Svezia, Marocco, Slovenia e Croazia, Andalusia, Lanzarote, Budapest, Praga, Islanda, Olanda, Cracovia, Grecia, Portogallo e, ovviamente, anche un po’ in giro per l’Italia. Perché ora mi trovo in Kirghizistan? Questo è un Paese aperto al turismo, ma non ancora turistico, dalle molte opportunità da sviluppare: ovviamente bisogna sapersi un po’ adattare, ma ne vale la pena.
Viaggi sempre da sola?
Lo faccio molto spesso, mi diverte, è un modo anche per mettermi alla prova, per testare le mie capacità. Mi sposto in autonomia, cammino, prendo mezzi pubblici, faccio l’autostop. Organizzo tutto, giorno per giorno. E strada facendo incontro viaggiatori come me, molti in solitaria, da tutto il mondo, con i quali scambio opinioni, esperienze e informazioni. Alcuni di loro stanno compiendo il giro di tutti i Paesi “Stan”. Nonostante quello che si possa pensare, mi sono sempre sentita al sicuro qui. Certo, prima di partire bisogna informarsi bene sui luoghi che si vogliono visitare.
Un’esperienza da provare?
Assolutamente sì. Sono stata a nord, al confine con il Kazakistan, sulle orme dell’antica Via della Seta, tra le due catene montuose principali, dalle quali si godono scorci impagabili. Ho fatto il bagno nel grande lago salato Issyk Kul, profondo quasi 700 metri e “caldo” anche in inverno, nonostante temperature sotto lo zero: le famiglie ci vanno in villeggiatura, come facciamo noi al mare. Ho fatto diversi trekking nella natura e un po’ ovunque si vedono iurte. Sono stata anche allo “Iurta Festival” a Kizyl Tuu, un piccolissimo villaggio. C’erano bancarelle bellissime di artigianato locale, le donne in vestiti tipici, lì mi sono avvicinata davvero alla loro cultura. I partecipanti si affrontano in diverse prove tipiche, alcune pure cruente: sfide a cavallo, ma anche il tiro con l’arco e la caccia all’aquila. La natura è selvaggia e incontaminata, ci sono tantissimi cavalli selvaggi, così come le mucche, che pascolano libere. In una zona montuosa ci sono anche i leopardi delle nevi, che si vedono sovente rappresentati anche sulle case. La vita scorre lenta e la signora che mi ha ospitato per un paio di giorni mi ha spiegato: «Oggi è giorno di riposo, perché piove e si segue il ritmo della natura». Le persone sono cordiali. La popolazione è nomade e si sposta in continuazione utilizzando proprio queste particolari tende. Le città, ma anche i paesini, hanno un’impronta sovietica particolare. Sembrano abbandonate, in rovina. Così come i parchi, con tanti fiori ma anche altissime erbacce e le statue o i monumenti sovietici, che svettano altissimi».
Cosa devono sapere i turisti che scelgono il Kirghikistan per una vacanza?
Ci sono alcune “barriere” da superare per i turisti: si parla il russo o il kirghiso, e l’alfabeto è cirillico. In pochi sanno qualche parola di inglese. Io vado in giro con un alfabeto stampato nel marsupio (ride, ndr.), ma in qualche modo ci si aggiusta, magari gesticolando all’italiana: anche questo è il bello del mio lavoro. Il Kirghikistan è una realtà molto diversa da quelle a cui siamo abituati. Ci si sposta con i mezzi locali, i “maršrutka”, una sorta di pullmini che si muovono secondo orari indicativi, però poi in realtà partono quando sono pieni. Anche nella capitale, Bishkek, funziona così. Le auto sono davvero vecchissime, alcune sembra debbano fermarsi da un momento all’altro e i cartelli stradali incomprensibili. Anche il cibo è decisamente particolare, per noi. Si beve il “kumis”, latte di cavallo fermentato, e la cucina è un mix di russo e cinese. Si mangiano soprattutto zuppe, noodles, insalate fredde.
Al ritorno in Italia, cosa ti aspetta per il futuro?
Ovviamente… altri viaggi. Nel mio lavoro è fondamentale continuare la ricerca, sempre, e poi questa è la mia grande passione. La mia scaletta dei prossimi mesi prevede l’America a settembre, l’India a novembre durante il Diwali Festival, la Thailandia a gennaio e poi il Giappone per l’Hanami, la fioritura dei ciliegi…