Stop alle vetture diesel euro 5: «Peggio del lockdown»

L’allarme di Confartigianato Cuneo: «Una nuova scure sulle PMI. Subito incentivi per il ricambio degli automezzi»

«La data è imminente e il divieto perentorio, il blocco dei mezzi diesel euro 5 rischia di essere peggio del pandemico lockdown per le nostre imprese». Con queste parole Luca Crosetto, presidente di Confartigianato Imprese Cuneo commenta la decisione della Regione Piemonte di vietare dal 15 settembre fino alla prossima primavera, con due anni di anticipo sulle misure antismog previste a livello europeo, la circolazione delle autovetture diesel euro 5. «È l’ennesima scure che va ad abbattersi su migliaia di imprese e famiglie piemontesi – prosegue – riducendo di fatto la possibilità di lavorare a tanti artigiani che utilizzano i furgoni non per un semplice spostamento, ma per raggiungere i clienti e svolgere la loro attività».

Questa decisione, nata a seguito delle procedure di infrazione avviate dalla Commissione europea nei confronti del nostro Paese per aver superato la soglia di emissioni inquinanti, va a peggiorare ulteriormente una crisi economica ormai diffusa che grava pesantemente sull’intera comunità piemontese. In provincia di Cuneo l’area contemplata per lo stop risulta piuttosto vasta e comprende le cosiddette sette sorelle, ovvero i maggiori centri della Granda, più i comuni di Borgo San Dalmazzo e Busca.

«Purtroppo – aggiunge ancora Crosetto – se siamo arrivati a questo punto è perché ad oggi sul nostro territorio non sono ancora state pienamente applicate le misure strutturali necessarie a rispondere in modo adeguato alle direttive europee sui livelli di Pm10. Si sa che l’inquinamento non deriva soltanto dalla mobilità, ma in gran parte anche dai tradizionali impianti termici, quali caldaie, stufe a biomassa e altro. Anche sul rinnovo di questi sistemi bisognerebbe urgentemente intervenire pianificando una vera e propria politica green a 360 gradi».

«Dopo il caro bollette, il caro mutui e gli effetti dell’inflazione – sottolinea Giorgio Felici, presidente di Confartigianato Piemonte – il blocco dei diesel euro 5 rappresenta un nuovo grave colpo alle nostre imprese piemontesi che con grande fatica stanno cercando di risalire la china. Soltanto nella città di Torino si stima che oltre 140 mila mezzi di trasporto dovranno essere sostituiti, generando un costo economico significativo per aziende e famiglie. Vista l’invasività della misura, c’è poi da chiedersi quanto questa incida seriamente sul miglioramento della qualità dell’aria. Ad esempio, sappiamo che nel 2020, pur con lo stop agli spostamenti causa pandemia, la concentrazione di polveri sottili non aveva fatto riscontrare un significativo miglioramento, pur con il crollo della presenza di CO2».

«L’inquinamento nel nostro Paese significa 70.000 vittime all’anno – spiega Michele Quaglia, vicepresidente di Confartigianato Imprese Cuneo e rappresentante provinciale e regionale degli Autoriparatori – un dato su cui sarebbe opportuna una maggiore riflessione da parte sia della politica che dei cittadini. Indubbiamente generare un cambio culturale richiede tempo, ma questo dovrebbe essere supportato dall’impegno e dalla serietà degli amministratori locali nel cercare di ridurre al minimo i disagi per chi lavora e produce. Servirebbero anche maggiori informazioni sulla direttiva e sul come e dove i mezzi contemplati possano ancora circolare».

«Visto che in Piemonte saranno oltre un milione e mezzo gli autoveicoli colpiti dalle limitazioni – conclude Crosetto – occorre da parte della Regione Piemonte un piano concreto di supporto per non rischiare di vedere affossata la speranza imprenditoriale di tante nostre aziende. Come Confartigianato chiediamo quindi al mondo politico un intervento urgente a favore del ricambio dei mezzi utilizzati da imprese e famiglie, attraverso misure ed incentivi che permettano un graduale ed integrato aggiornamento degli autoveicoli. Consapevoli che la transizione energetica sia ormai imprescindibile in quanto percorso obbligato per salvaguardare l’ambiente in cui viviamo, riteniamo però doveroso che essa debba avvenire in modo “sostenibile”».

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