Il misterioso caso del professor Manet e di monsieur Arnaud

La storia dell’arte passa da Mondovì. Un quadro "misterioso": perché?

Forse la più importante svolta nella storia dell’arte occidentale è quella prodotta dall’impressionismo, che con il superamento dell’estetica classicista, sullo scorcio dell’Ottocento, apre la grande era delle Avanguardie moderne. Certo, messa giù così forse è un po’ sbrigativa: ma comunque è innegabile che gli impressionisti abbiano segnato una cesura fondamentale col passato. E il massimo ispiratore di questa trasformazione è Édouard Manet.

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La mostra “Il caso Manet. Indagini sul Signor Arnaud a cavallo” della GAM di Milano avverrà giovedì 26 ottobre alle ore 17,30. L’esposizione sarà visitabile fino a domenica 17 dicembre. Il grande quadro “Il Signor Arnaud a cavallo” (Monsieur Arnaud à cheval) verrà esposto al Museo della Ceramica di Piazza Maggiore.

Il mistero: chi fu a finire il quadro?
Alcune opere, magari avviate diverso tempo prima, sono presentate come eseguite dal maestro, dopo che questi era giunto a una chiara fama pittorica. Però siamo ormai alla fine dell’Ottocento, e la fotografia inizia ad essere diffusa: quella fotografia, del resto, che aveva influito sulla stessa nascita dell’Impressionismo, che fa derivare il suo nome alla ricerca dell’”Impression” sul modello dell’impressione fotografica, “stampando” la luce – e il colore, che la foto ancora, allora, non ha – sulla tela. E le testimonianze fotografiche mostrano come alcune opere fossero ancora incompiute alla morte di Manet. Una di queste, oggi esposta a Mondovì, è “Il Signor Arnaud a cavallo” (Monsieur Arnaud à cheval), firmato da Manet e non datato (ma ricorre un riferimento al 1875) è una di queste opere, un ritratto imponente (221 x 153 cm.) acquisito dalla GAM di Milano nel 1960, da una donazione. Dopo i grandi del Novecento (Picasso, Mirò, Dalì sopra tutti: ma l’elenco potrebbe continuare) anche un grande dell’Ottocento internazionale giunge in visita a Mondovì. Ma se già questo è un fatto degno di nota, è la storia che avvolge questo dipinto che intriga.

Investigazione scientifica
Nasce quindi una investigazione quasi poliziesca, per appurare qual è la mano che si cela, in parte, dietro quella del Maestro: e se è concessa la metafora, al vecchio fiuto di Sherlock Holmes – la ricerca documentaria e archivistica – si affianca la detection in stile CSI – le moderne tecnologie di indagine, come l’imaging, che consentono un nuovo studio dettagliato senza interventi invasivi sull’opera. La mostra presenta quindi il progetto di studio attualmente in corso sull’opera, di proprietà della GAM di Milano, diretto da Paola Zatti (conservatore responsabile, Galleria d’Arte Moderna, Milano) e da Barbara Ferriani (restauratrice, Milano), presso il Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”. Si tratta quindi di una esposizione particolarmente significativa, perché non si limita a mostrare quanto acquisito dalla storia dell’arte, ma ci mostra come lo studio storico-artistico sia in continuo divenire anche su epoche che potremmo dare per consolidate. Non è un tema ancora molto esplorato, almeno nella ricezione del grande pubblico. Qualcosa di analogo si è affrontato in una recente esposizione londinese di ritratti di Manet presso la Royal Academy of Arts: anche la Royal Academy ha posto la questione del completamento delle tele, ma come in questo caso il raffronto tra gli studi preparatori, gli oli di grandezza naturale e le tele esposte ha riscontrato differenze minime.
Non resta che chiudere con una curiosità, ripromettendoci di tornare magari su questa mostra “a consuntivo”, dopo un’accurata visita e visione. Ai funerali di Manet, pare che il più vibrante ricordo artistico sia venuto da Edgar Degas, che l’aveva conosciuto nel 1859, che avrebbe esclamato: «Era più grande di quanto pensassimo!». Ora, Degas ha un suo particolare collegamento indiretto con Mondovì: nel 1847 l’impressionista “delle ballerine”, ancora giovane, si trasferì con la famiglia in Rue Mondovì 4, e qui nel 1852 aprì il suo primo studio, che venne visitato anche da Manet, assieme ad altri impressionisti. Una via – minore ma centralissima: a un passo da Place de la Concorde e Rue de Rivoli – che era dedicata, ovviamente, non alla nostra città ma alla decisiva vittoria che qui Napoleone ottenne nel 1796. Ma questa è solo una labile connessione con Mondovì: questa mostra, oggi, crea un rapporto tra Manet e il Monregalese decisamente più interessante e significativo.

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