«WWW: un universo nascosto»

L’avvocato Marco Cuniberti spiega i rischi del web, a tu per tu con gli studenti

Il mondo di oggi è entrato in un altro universo, quello digitale. Dal web si ricevono numerose informazioni, ma nascono anche molti problemi. La curiosità ha spinto noi ragazzi ad informarci su come vengono trattati i nostri dati, abbiamo deciso di intervistare un avvocato monregalese per avere maggiori informazioni. Ci siamo rivolti all’avvocato Marco Cuniberti, che si occupa di diritto dell’informatica e delle nuove tecnologie, privacy e reati informatici dal 1998. È socio fondatore del Circolo dei Giuristi Telematici, di cui per un periodo ha ricoperto la carica di vicepresidente.

Avvocato Cuniberti, cosa l’ha spinta ad approfondire i suoi studi in questo ambito?
Un caso. Tutto nasce nel 1997, quando un cliente mi chiese aiuto perché temeva per i dati nel suo computer quando si cominciava a parlare del “millenium bug”, ovvero della possibilità che i PC subissero danni col passaggio di data dal 1999 al 2000, quando si immaginava che i calendari dei computer sarebbero potuti impazzire. Iniziai a documentarmi sulla materia informatica e nel 2000 partecipai a un master a Bologna, tenuto da un gruppo di giuristi che avevano iniziato a tenere corsi e a scambiarsi informazioni su questo argomento.

Quali sono i casi più frequenti di denunce riguardanti la privacy sui social?
Nel web ci sono genericamente due tipi di questioni. I primi sono gli illeciti per le aziende di non adempiere alle questioni burocratiche, che riguardano anche la privacy e il trattamento dei dati personali: per chi viola le norme sono previste sanzioni pesantissime. E poi ci sono gli illeciti connessi ai trattamenti dei dati personali altrui, come lo spamming o la profilazione abusiva. Per quel che riguarda i casi di denunce sui social, i casi sono tantissimi. Quelli più frequenti riguardano il reato di diffamazione. Le pene sono esattamente le stesse per il reato “fuori dal web”, quindi quelle fissate dal Codice penale per i vari reati di diffamazione, stalking, eccetera, con la differenza che nel caso della diffamazione il fatto che avviene su un social costituisce un’aggravante.

Nel Monregalese avvengono frequentemente denunce per questo tipo di reati? Ricorda qualche caso particolare?
Ne avvengono di continuo. Spesso gli utenti sono impreparati su questo mondo. Ci sono molte persone che sporgono denuncia dopo episodi di litigi o insulti sui social. In questi casi, io consiglio sempre al cliente di pensarci un po’ prima di procedere con la denuncia e a volte decidono di lasciar perdere. Un caso di illecito sul web, diverso ma interessante, avvenne anni fa quando assistetti una piccola azienda del Monregalese che fece causa a una grandissima azienda che aveva usato senza permesso i dati personali. Vincemmo la causa in tutti e tre i gradi di giudizio, nonostante l’altra azienda fosse davvero un colosso del settore.

In che modo rischiamo di commettere un tipo di reato, magari inconsciamente, attraverso i social?
Diffamando qualcuno, ovvero offendendolo su una pagina che può essere letta da altri oppure usando i suoi dati personali, o commettendo stalking. Si rischia in tanti modi, perché sui social non c’è la percezione della gravità di quello che si sta facendo.

Qual è la differenza, sotto il punto di vista penale, tra violare la privacy di un minorenne e violare quella di un maggiorenne?
Dal punto di vista degli illeciti che si possono commettere, non c’è nessuna differenza. Cambia però il fatto che i dati dei minori sono tutelati in modo maggiore rispetto agli adulti. Trattare i dati altrui richiede sempre il consenso della persona interessata: la differenza è che per trattare i dati di un minorenne serve il consenso dei genitori, di entrambi. Se manca questo consenso, è violazione. Inoltre, si deve pure considerare che alcuni social hanno limiti di età anche più bassi dei 18 anni. Voglio sottolineare il fatto che serve “il consenso di entrambi i genitori”, perché è capitato che un genitore si rivalesse sull’altro per aver preso e pubblicato foto senza il consenso di tutti e due. Sono cose spiacevoli, ma accadono.

Con questa breve intervista si è voluto far risaltare i problemi e le conseguenze che nascono dal web e sperare che problemi come la diffamazione possano diventare un pensiero sempre meno frequente.

Gli articoli dei ragazzi del “Baruffi”
Da questa settimana, e per diversi numeri a venire, “L’Unione Monregalese” pubblicherà una serie di articoli e interviste a firma di studenti. Giunge così al termine, dopo sei mesi di lavoro, il progetto di giornalismo a scuola che “L’Unione” conduce ormai da tempo con alcune classi dell’Istituto “Baruffi”, grazie all’impegno della professoressa Elisabetta Bertola e sotto l’approvazione del dirigente prof. Giacomo Melino. Il progetto è seguito dal nostro cronista e redattore Marco Turco. A differenza di molti progetti simili, che spesso si limitano al solo aspetto della scrittura, a far lavorare i ragazzi su notizie “di riporto” o su temi prettamente scolastici, questa iniziativa porta gli studenti a mettersi nei panni di giornalisti veri e propri: scegliendo temi di attualità, intervistando persone informate sui fatti, confrontandosi sugli sviluppi di un articolo e imparando concetti fondamentali come la ricerca delle fonti, la stesura di un testo e la titolazione, la verifica dei dati.

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