In un periodo in cui si riprende con fatica il ritmo delle abitudini pre lockdown, una parola che ci e rimasta in testa, e che inevitabilmente si stringera al lessico famigliare dei prossimi mesi e “Distanziamento Sociale”. Di questa abitudine in musica se ne possono trovare diverse declinazioni. C’e chi l’ha approfondita per raccontare l’Hikikomori, e che in tempi non sospetti anche i “nostri” Materialisti Tristi (correva il 2014) usarono come tema portante di un loro EP. Si potrebbero spendere pagine di libri per raccontare chi della distanza ha fatto la propria arte fino ad esserne sopraffatto: da Nick Drake a Eliott Smith, passando per Daniel Johnston o i piu celebri Kurt Cobain, Ian Curtis e Syd Barret, la musica e ricca di grandissimi artisti la cui storia e stata segnata dai conflitti che il genio ha posto con la capacita di relazionarsi all’esterno. Piu ci si distanzia l’un l’altro e piu la curva del rischio di contagio si abbassa, e tanto piu noi cerchiamo di tornare a stringere legami riaprendoci al mondo esterno come lo conosciamo e lo intendevamo, tanto piu il rischio torna ad aumentare. E un ritmo sinusoidale che tanto ricorda l’oscillazione proprio del suono, che sta alla base della musica e che evoca un altro personaggio fondamentale per la musica dei giorni nostri e che, proprio questa settimana, ci ha lasciato. Florian Schneider che insieme a Ralf Hutter ha fondato, e poi con Karl Bartos e Wolfgang Flur, fatto parte del nucleo storico dei Kraftwerk fino al 2008 e stato artista che ha dato un’interpretazione propria e personale del concetto di “distanziamento”. Nella loro idea di musica i Kraftwerk fecero qualcosa di piu grande rispetto all’innovare una scena, sia estetica e sia di contenuti: molta musica che ascoltiamo ne e profondamente figlia, dalla house alla techno (e tutte le loro diversificazioni soft o deep), passando per i campionamenti del rap e buona parte dell’impostazione indie. L’idea di fondo assai semplice, ma anche difficile da realizzare: la musica poteva bastare a se stessa; parole, suoni e strumenti – da qui la scelta di sintetizzatori e drum machine – dovessero essere funzionali al messaggio ed il ruolo stesso dell’artista sul palco potesse essere un optional. Anche dei robots avrebbero potuto calcare un palco se la loro musica fosse stata all’altezza di catturare l’attenzione del pubblico. E cosi e stato.
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