«Si tagliano la pelle per sentirsi vivi». Non sono scene da film, non sono “cose lontane”. Succede qui, a Mondovì, nelle scuole. La testimonianza del dirigente scolastico è molto, molto significativa: «È accaduto a uno studente di seconda. Un insegnante lo ha notato: perdeva sangue da un braccio, vistosamente. Si era fatto un taglio, profondo. È stato ricoverato, aveva tante ferite da autolesionismo. Uno dei suoi famigliari ci ha detto che lui sceglie di ferirsi, farsi male fisicamente, piuttosto che sentire il dolore psicologico».
Ed è solo una delle testimonianze portate nel webinar “La pandemia non è un gioco”, la sera del 13 maggio. Una fra le tante. I neuropsichiatri hanno raccolto i racconti dei ragazzi in una sorta di diario, eccone alcuni estratti: «Nel marzo 2020 mio nonno è morto col Covid. Come se non fosse successo nulla, quattro ore dopo dovevo fare la verifica di matematica. E piangevo». E ancora: «La mascherina ci copre i sorrisi. Quasi non ricordo la vita di prima». O ancora: «Navigo e navigo su internet. Non mi stacco più dalle chat. Se non ci fossero stati i giochi on line, sarei morto». «Abbiamo avuto il caso di uno studente – racconta il dirigente –, un alunno modello, di quelli con ottimi voti e perfettamente inserito, che un giorno ha scritto una mail confessando a un docente: “Prof, ho in testa pensieri terribili. Non ce la faccio più”».
Un Istituto scolastico di Mondovì di Secondaria inferiore ha chiesto ai suoi ragazzi, rispondendo al progetto di un’Associazione, di realizzare dei disegni per descrivere l’anno della pandemia. Ne sono uscite queste immagini: un toro, furioso, che cerca di liberarsi dalla catena; una chiave rotta, che simboleggia l’impossibilità di riaprire il lucchetto e uscire; e un pianeta Terra chiuso da una mascherina. I dati delle società sportive dicono che in alcune fasce di età (quella delle Scuole medie) è aumentato enormemente l’abbandono dell’attività fisica: «Questa è l’età in cui il ragazzo si forma: se qui avviene un distacco, poi non si riprende più».
Arriva anche la testimonianza di una studentessa: Eliana, 17 anni, presidente della Consulta provinciale degli studenti delle Superiori: «Viviamo una scuola che non è quella di prima. Abbiamo un senso di angoscia. Le difficoltà sono aumentate rispetto a prima. Quando i prof ci chiedono “ragazzi, come state?”... a volte non sappiamo rispondere. Alla nostra età, ci siamo dovuti reinventare».