C’è chi telefona dopo l’ennesimo abuso, fisico o psicologico. Chi scappa e si rivolge direttamente ai Carabinieri o alla Polizia. O chi finisce al Pronto soccorso, coi lividi, e lì decide che è ora di dire basta. C’è una parola, che descrive tutte queste situazioni e anche tutte le altre. La parola è: vittime.
Il 25 novembre è la giornata scelta per ribadire che la violenza contro le donne esiste, che va messa allo scoperto, va denunciata e va fermata. E soprattutto, che chi la commette è un criminale.
Vittime, dicevamo. Vittime di una cosa che spesso avviene in casa e che riesce a non farsi scoprire. La violenza domestica, che sia fisica, psicologica o sessuale, schiaccia l’animo e il corpo. Lo fa con la paura («Se te ne vai da qua, non rientri più!»), con la minaccia («Se lo racconti a qualcuno, ti faccio togliere i figli»), con l’umiliazione («Tutti sapranno che non sei capace ad avere una famiglia normale»), con lo sconforto di chi è ormai demolito («Nessuno mi crederà mai»). E soprattutto con un’arma più subdola, silenziosa: quella che porta a pensare che sia tutto normale. Che se nessuno lo scopre, se nessuno fa peggiorare le cose, se insomma si sopporta ancora un po’… può anche andare avanti così. Fin quando non si arriva al punto di rottura. Fin quando scatta qualcosa, per la troppa disperazione, il troppo dolore o per l’intervento esterno, e si va a fare denuncia. È a questo che serve la rete anti-violenza. Una rete che funziona, che ha salvato centinaia di donne nel Monregalese negli ultimi sette anni e che è composta da tanti soggetti: anelli di un’unica catena, ciascuno pronto a fare la sua parte. Li abbiamo intervistati tutti, per raccontare come funziona. E per dare un messaggio, corale ma unico: se siete vittime, in qualsiasi momento ve ne rendiate conto, chiamate e denunciate.
IL CENTRO DI ASCOLTO
“L’Orecchio di Venere” presso la CRI di Mondovì
È attivo 7 giorni su 7 e 24 ore su 24 (tel: 333.3756238)
ed è collegato al numero nazionale 1522.
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