Fabio Gonella, 40 anni di Igliano, venerdì scorso ha partecipato a una delle gare podistiche più dure di tutta Europa, la UMS Ultramarathon da Milano a Sanremo. Dalla partenza alle 10 di venerdì, Fabio ha avuto a disposizione 52 ore per percorrere di corsa i 285 km che separano Milano dalla Città dei Fiori, entro le 14 di domenica. Maratoneta e ultramaratoneta con numerose gare al suo attivo, è laureato in giurisprudenza e fa l'analista in un'azienda informatica. Ha raccontato: «Sono due anni che inseguo questa gara. Corro ultramaratone (gare di corsa di distanza superiore ai 45 km) dal 2018. Una distanza così lunga era la prima volta». Fabio ha concluso con un ottimo terzo posto assoluto, impiegando 43 ore e 44 minuti.
Ecco le sue impressioni al termine della competizione: «Alla partenza eravamo circa 60 atleti (di cui soltanto la metà è poi riuscita ad arrivare al traguardo) e ci conoscevamo praticamente tutti: il mondo dell'ultramaratona è come una famiglia e prima viene il rispetto e l'amicizia nati dalla condivisione di sudore, fatica e sofferenza, solo dopo la competizione. Questo tipo di gare sono un viaggio infinito, dove le gambe e l'allenamento contano moltissimo, ma ancora di più conta la testa. Nella maratona si parla spesso, tra gli amatori, del "muro" intorno al trentacinquesimo km su quarantadue, la crisi che può arrivare rischiando di compromettere la gara. In un'ultramaratona andare in crisi è una certezza e di crisi se ne hanno diverse nelle infinite ore in cui si sta sulle gambe. Quando arrivano, bisogna riuscire a riposare qualche minuto e trovare la forza di stringere i denti e ripartire, perché, quando si riesce ad andare oltre, molte volte è come rinascere e si corre in uno stato di grazia, almeno fino alla crisi successiva. Ci si svuota di tutto ciò che non è essenziale in quel momento».
«La Ums è una gara in semi autonomia, ovvero sono presenti lungo tutto il percorso soltanto 4 punti tappa intermedi (Casteggio, Ovada, Voltri e Pietra Ligure), per tutte le altre esigenze gli atleti devono provvedere da sè. Entra pertanto in gioco la squadra di supporto di ciascun atleta. Gran parte del risultato lo devo proprio al gruppo che mi ha seguito in macchina, fornito acqua e cibo, accudito con massaggi e accompagnato a piedi a turno a partire dal quarantesimo km. Per quanto possa sembrare strano, l'ultramaratona è uno sport estremamente individuale, in quanto ti lascia ore infinite in balia di te stesso e della tua fatica, ma allo stesso tempo un gioco di squadra».