Dal bianco e nero al colore: Michele Pellegrino in mostra alla Meridiana-Tempo

Michele Pellegrino torna con una nuova esposizione presso La Meridiana Tempo di Mondovì, introducendo al pubblico monregalese la sua ricerca sul colore.

“Impressioni", questo il titolo della nuova mostra fotografica di Michele Pellegrino ospite presso La Meridiana Tempo di Mondovì. Il titolo, ovviamente, gioca sul rapporto tra l'impressione fotografica, in senso tecnico, e il potere evocativo delle immagini dell'autore. Quello di Pellegrino è un graditissimo ritorno nella nostra città, dopo un lungo intermezzo: l'ultima esposizione sarebbe infatti quella del 1992, da cui sono passati ormai 25 anni. Inaugurata  sabato 2 settembre alle h. 18.00, presso l’associazione culturale ‘La Meridiana Tempo’, in Piazza San Pietro 1, l'esposizione è stata introdotta dall'amico e artista Corrado Ambrogio, che ha dialogato con il maestro della fotografia in una conversazione che ha ripercorso alcuni snodi essenziali della carriera di Pellegrino. La consigliera comunale Angela Boetti ha portato il saluto dell'amministrazione, leggendo anche un testo del sindaco Adriano.

Si parte dall'esordio nel 1967 quando il fotografo, allora trentatreenne, inizia la sua indagine fotografica sulla montagna in spopolamento. Ne risultano le prime mostre (nel 1969), e i primi libri (dal 1972), come "Profondo nord" (prima sua mostra monregalese, nel 1975) e "Genti di provincia", testi che hanno suscitato un grande interesse etnografico e sociologico, più all'estero (dove sono stati usati anche in studi universitari come documentazione antropologica) che in Italia, come purtroppo avviene. Pellegrino si distingue in questi primi, importanti lavori per l'adozione del bianco e nero, che diviene una sua caratteristica.

Nel 1980, con “Visages de la contemplation”, Pellegrino pubblica un lavoro di assoluta unicità, uno studio sui monasteri, partendo dalla realtà monregalese e circostante, ma andando a toccare anche altri luoghi, altre realtà. Nell'anno in cui Umberto Eco pubblica "Il nome della Rosa" (1980), considerato il ritorno a una inattesa attenzione al romanzo storico e al medioevo letterario, Pellegrino realizza un'indagine più unica che rara, in cui riesce a cogliere - con pochissimi scatti, nelle brevi finestre di tempo e spazio che gli sono concesse nei monasteri, perfino femminili - i segni di una spiritualità ormai rarissima nel mondo occidentale moderno, quasi cristallizzata in una sospensione pre-moderna.

In seguito, Pellegrino rinuncia allo studio sulla figura umana e si dedica alla forza pura delle sue montagne. Una ricerca di innegabile potenza visiva, che fa venire in mente - salvo le differenze personali tra i vari autori - lo stile di Ansel Adams e della grande fotografia americana del Gruppo f/64. Di queste foto è presente una significativa selezione in due sale della mostra: l'elemento più innovativo rispetto alla produzione di Pellegrino è però costituito dal colore, una novità recente nella sua ricerca: lavori che sono stati esposti nella prima sala della mostra, in grandi stampe dal potente impatto. Dettagli minimi, cui un osservatore distratto non farebbe caso, che vengono trasfigurati dall'autore in sintetici paesaggi o pure forme astratte. Una ricerca dopo la quale Pellegrino non esclude, naturalmente, il ritorno al bianco e nero, ma con cui ha voluto confrontarsi.

La mostra, che consigliamo vivamente, sarà visitabile fino al 23 settembre con il seguente orario:
- venerdì e sabato: 16-19
- domenica: 10-12 e 16-19
Ingresso gratuito.

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