Mariano Costamagna nuovo presidente di Confindustria Cuneo

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Da mercoledì maggio, Mariano Costamagna è il presidente di Confindustria Cuneo.  La formalizzazione dell’incarico è stata sancita dall’assemblea annuale dell’associazione datoriale, durante la quale gli associati hanno trasformato – all’unanimità – la sua designazione in elezione.

Le prime parole del neopresidente nel corso dell’assemblea pubblica, a cui hanno preso parte anche il presidente nazionale di Confindustria Carlo Bonomi, il suo vice Alberto Marenghi e il presidente nazionale della Piccola Industria Confindustria Giovanni Baroni, hanno fornito un indirizzo del suo mandato: «Nel titolo del mio programma una delle due parole chiave è “continuità”, perché il consolidamento del ruolo fondamentale per la crescita dell’economia territoriale acquisito da Confindustria Cuneo in questi anni è il primo obiettivo a cui tenderò. L’altro termine intorno a cui ruota il titolo è “innovazione”, fondamentale a tutti i livelli per riuscire a prendere parte ai grandi cambiamenti che il mondo industriale sta per affrontare e che l’Europa ha già battezzato come quinta rivoluzione industriale. Dovremo coniugare i processi di transizione green e di transizione digitale: un traguardo sicuramente ambizioso, ma che ribalterà sulle aziende responsabilità e investimenti sempre più grandi. L’essere parte dei grandi processi di trasformazione non ci distoglierà dall’attenzione per il nostro contesto provinciale, nello spirito di collaborazione con la pubblica amministrazione, i sindaci, gli enti pubblici, le forze dell’ordine, gli intermediari finanziari e le scuole che continuerà ad essere forte. Un pensiero particolare voglio dedicarlo alle Forze dell’Ordine: riteniamo che la sicurezza, per le nostre imprese e le nostre famiglie sia una condizione da proteggere con ogni sforzo».

IL NUOVO PRESIDENTE
Classe 1951, già vice presidente di Confindustria Cuneo sotto la presidenza di Mauro Gola, il cheraschese Mariano Costamagna è stato fondatore e titolare di grandi aziende molte delle quali operano nella manifattura e nell’agroalimentare, nonché presidente onorario della società Westport Fuel Systems Italia srl (ex Mtm srl), ha ricevuto nel 2012 l’onorificenza di Ufficiale dell’Ordine “al merito della Repubblica Italiana” e, dal 2022 fino alla candidatura alla presidenza di Confindustria Cuneo, ha fatto parte del Consiglio generale della Fondazione Crc.

LA SQUADRA
L’elezione di Mariano Costamagna ha coinciso con l’avvio del lavoro della sua squadra di presidenza, composta da Giuseppe Miroglio, presidente del Gruppo Miroglio di Alba; Roberto Rolfo, amministratore delegato della Rolfo Spa di Bra; Bartolomeo Salomone, presidente di Ferrero Spa di Alba; Paolo Merlo, amministratore delegato della Merlo Spa di San Defendente di Cervasca; Cuneo Chiara Bardini, general manager di Agrimontana Spa di Borgo San Dalmazzo; Alberto Biraghi, amministratore delegato di Valgrana Spa di Scarnafigi; Marco Costamagna, amministratore delegato della Biemmedue di Cherasco; Gabriele Gazzano, amministratore delegato della Ediltel spa di Nucetto e Matteo Rossi Sebaste, amministratore delegato di Golosità dal 1885 di Grinzane Cavour, per l’albese. Di diritto fa parte del consiglio di presidenza anche il past president Mauro Gola.

La prima proposta operativa condivisa dal presidente Costamagna riguarda la creazione di una Fondazione degli imprenditori per il lavoro, «che si occupi di avvicinare il mondo di chi ha bisogno di lavorare con chi ha bisogno di lavoratori, coinvolgendo gli attori che già sono attivi sul territorio e sostenendo i casi più difficili che saranno portati alla nostra attenzione. Un modo nuovo ed efficace di restituire al territorio parte di ciò che il territorio ci ha dato, in termini di risorse».

L’assemblea pubblica si è aperta con il presidente uscente Mauro Gola che, nell’augurare buon lavoro al suo successore, ha evocato il suo esordio: «Ricordo perfettamente che sei anni fa il nostro obiettivo era di costruire intorno a una Confindustria con al centro la manifattura e i servizi un’associazione che fosse inclusiva, dialogante con le parti sociali, con la politica, sempre rimanendone equidistante e che si confrontasse con le istituzioni. Definii la nostra “una grande organizzazione di parte, attenta ai problemi generali del Paese e che li sa affrontare con la mente aperta”. Siamo stati fedeli a quelle dichiarazioni e per questo abbiamo aumentato la nostra credibilità».

La conclusione dell’incontro è stata appannaggio del presidente nazionale di Confindustria Carlo Bonomi che, rispondendo alle domande del direttore di Confindustria Cuneo Giuliana Cirio, ha esplicitato preoccupazioni e prospettive del mondo industriale italiano, non prima di aver comunicato al presidente uscente Gola di essere diventato un componente del consiglio generale di nomina presidenziale, continuando così a far parte del più importante organo collegiale di Confindustria nazionale. Dopo un passaggio sul momento complicato del lockdown («Il Paese ha la memoria corta: sono stati dimenticati i sacrifici fatti e il senso di responsabilità che abbiamo dimostrato e che mi rendono orgoglioso di rappresentare gli imprenditori italiani») il presidente nazionale ha fatto presente come «dopo le grandi crisi dal 2008 in avanti, le aziende italiane si sono patrimonializzate, hanno investito in ricerca e sviluppo e sono andate sui mercati internazionali. Ora dobbiamo agganciare le grandi transizioni – ineludibili – ma che devono essere accompagnate con provvedimenti e risorse, sennò avremo dei costi sociali da pagare». Sul patto di stabilità: «Credo che si dovrebbe cambiare l’approccio: si parla di patto di stabilità e crescita, perché la stabilità dovrebbe creare i presupposti di crescita, ma io ritengo che solo la crescita consenta di avere quelle risorse per dare stabilità alla nostra economia e al nostro Paese». Particolarmente chiara anche la posizione di Bonomi sul Pnrr: «Doveva essere un amplificatore della ripresa economica dopo la pandemia e servire per investimenti aggiuntivi rispetto a quelli già programmati dallo Stato. In Italia un’opera di importo superiore ai 100 milioni di euro impieghiamo in media 15,7 anni a concluderla: sono tempi incompatibili con quelli del Pnrr, così si sono aperti i cassetti e si è finanziato ogni cosa che si è trovato dentro, anche opere già in corso. Fin da subito abbiamo detto che era sbagliata l’impostazione: prendere 200 miliardi di euro tanto per prenderli non era l’obiettivo, bisognava puntare su investimenti finalizzati alla crescita del Pil potenziale dell’Italia. È un problema non sono italiano, ma oggi come oggi siamo a un bivio: o facciamo un bagno di realtà e indichiamo quali sono realmente i progetti realizzabili che hanno un fine di crescita del Paese, altrimenti stiamo indebitando i nostri figli. Indebitarci per indebitarci non ha senso».

 

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