A Night like…mezza bagnata

I live di Culture Club 51

Come si descrive un festival? Come trasformare quello che si è visto e vissuto per un giorno? I modi sono tanti, bisogna trovare quello più adatto per raccontarne la cronaca, esprimere opinioni e ridare quello spettro di colori impressi nella mente. Tornare a un festival è sempre un’emozione particolare, il primo giorno di scuola dopo l’estate: si arriva a Chiaverano (ma potrebbe avere un qualsiasi altro luogo “lontano” dal mondo) con un certo anticipo rispetto all’orario di inizio (primo live previsto alle 18.05) in modo da prendersi il tempo per studiare lo spazio, vedere come il paese si è preparato alla manifestazione, primo caffè, pratiche di rito (accrediti) e “preview” (inerpicandosi, ovviamente, sulla parte più alta del paese sotto il sole a picco) per la vercellese Carlot-ta, di ritorno dal progetto “Le Marittime Invisibili” sulle Alpi Cuneesi, alle prese per la prima volta con l’organo della parrocchiale usato in modo non convenzionale (non è il “suo” strumento e non ha un background di tradizione concertistica per organo o religiosa). L’A Night Like This è stato pioggia (quel po’ di troppo, nel pomeriggio), che ha condizionato la prima parte del festival (e contribuito così a perdere Edipo), gente (in quantità minore di quanto ci si poteva aspettare, almeno nella prima parte) e tanti spunti musicali. Lasciato un po’ da parte causa pioggia, il “Palco del Quieto Vivere” (unico ascolto per Giorgieness), del pomeriggio si segnalano i nomi di Albedo e Stearica. C’mon Tigre fanno un set degno di nota, soprattutto mettono in campo le loro altissime e elevatissime abilità; la velocità però del soundcheck (necessaria in un ambiente del genere) non li aiuta al meglio. Comincia il ping pong tra il palco “delle Colline” e quello “dell’Esploratore” (per i set un po’ più elettronici). I Girls Names sono più bravi da lontano e quando si limitano a costruire un pacchetto di tappeti sonori di darkwave bella impastata. Iosonouncane invece è da pelle d’oca: un cantautore che in realtà è un dj, che suona tutta la musica che produce con le macchine e che ci canta sopra. Se fosse definito un dj avrebbe ben altra considerazione (come più tardi verrà giustamente apprezzato il pugliese Populous con un set di ritmica molto trascinante); alla voce cantautore (perchè anche se elettronico, tale è “definibile” Jacopo Incani) invece risulta essere, malauguratamente (per lui e per tutti), uno dei tanti nuovi esponenti della scena cantautorale italiana. Il live tecnicamente migliore va invece ai padovani Jennifer Gentle: erano anni che non li si sentiva più (suonano sempre, e un po’ ovunque, tranne qui) e nonostante il tempo non hanno perso la loro grande verve: Pink Floyd in versione punk degli esordi, un modo di suonare impeccabile, che tutti gli altri artisti saliti sui palchi di Chiaverano dovrebbero portarsi a casa (A Place To Bury Strangers compresi) per essere ricordati, da un anno all’altro, dell’edizione 2015 dell’A Night Like This.
Perchè merita un festival così? La ricerca e l’offerta di nuovi suoni sono il motore di curiosità affinché la musica avanzi.

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