Mondovì, Cuneo e il botto della Lega: che è successo? L’analisi del voto a Mondovì e dintorni

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Cinquemila e cinquecento, ventun mila e quattrocento. Rileggete un attimo questi numeri. Li scriviamo anche in cifre, per comodità: 5.500 - 21.400. Sono i voti della Lega Nord nel Monregalese: il primo nel 2014, il secondo oggi. Quadruplicati.

«Abbiamo fatto il botto!», mi ha scritto un esponente leghista lunedì mattina. Non c’è analisi politica, ma proprio nessuna, che potrebbe riassumere il concetto meglio di questo. Cinque anni fa, davanti a un PD che in Regione pesava il 40% (33% a Mondovì), scrivevamo: «Effetto Renzi». Oggi, con la Lega che ha praticamente le stesse percentuali, impossibile non dire: «Effetto Salvini». Cose che capitano. Anzi: cose che Capitàno.

Salvini vince elezioni

Alla domanda «Ma cosa è successo alla moderatissima e liberalissima provincia di Cuneo?», si potrebbe rispondere in tanti modi diversi. Prima di tutto, prendendo ormai coscienza che il risultato, in linea con quello nazionale, dimostra che ormai non ha più senso parlare di orientamento provinciale: la Lega sta fra il 37 e il 40% sia in Piemonte che in Granda, sia alle regionali che alle europee.

Poi, seconda risposta, l’elettorato ideologico non esiste più. Quello fedele ai partiti, quello che metta la X sempre lì, dove vuole stare e dove starà sempre, è ormai una minoranza. Una larghissima fetta di elettori, oggi, vota spostandosi. Un voto liquido, che di volta in volta segue – pare – il leader più forte: ieri era Grillo-Di Maio, l’altro ieri fu Renzi, oggi è Salvini. Perché altrimenti è letteralmente impossibile spiegare come in cinque anni, cinque, lo scenario sia cambiato completamente per ben due volte: prima la valanga PD, poi la valanga 5 Stelle, oggi la valanga – valanghissima – della Lega.

Diamo uno sguardo ai numeri. A Mondovì la Lega è al 40%, col centrodestra che proietta Cirio al 54%. Nel Monregalese-Cebano la coalizione sfonda il 60%, con la Lega quasi al 44,6% - mentre Forza Italia addirittura scende passando dal 15% di cinque anni fa all’8-9% di oggi. La debàcle del Movimento 5 Stelle si sente anche qua: voti dimezzati rispetto al 2014. Il PD, che ovviamente in questi anni è prima esploso e poi imploso, oggi naviga attorno al 20%.

E un anno fa, il 4 marzo 2018, come era andata alle politiche? Qua invece il paragone è ancora più funzionale: il Centrodestra era al 46% in Granda e al 50% a Mondovì, quindi è cresciuto ancora, e sempre grazie alla Lega, che prima era al 30% (mentre Forza Italia era al 13%). Il Centrosinistra, già in fase recessiva, era al 21% a Mondovì e al 23% in Granda, con un PD al 16-20%: quindi è rimasto stabile. Anche alle regionali, dove si sperava di convincere l’elettorato con la fiducia del nome di Chiamparino, non è successo nulla di che. Vale lo stesso discorso per l’altro schieramento: il nome di Cirio non ha allontanato nessuno, quello di Salvini ha riempito la botte. E nella rossa, operaia, proletaria provincia di Torino, dove la parola d’ordine era «da qui non si passa!», si è passati: anche lì, di poco, dello 0,3%, (Cirio chiude con 4 mila schede di vantaggio: 41,8% contro 41,5%), ma si è passati. È un Piemonte verde, in un’Italia verde. Non si sa quanto leghista, sicuramente salviniana.

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