Messa crismale col vescovo alla Missione

Chiesa della Missione gremita, con molti ragazzi in attesa di ricevere, nei prossimi mesi il Sacramento della Cresima.

Chiesa della Missione gremita, con molti ragazzi in attesa di ricevere, nei prossimi mesi il Sacramento della Cresima, per la solenne Messa crismale presieduta dal vescovo mons. Luciano Pacomio, affiancato dal vescovo emerito di Alba mons. Sebastiano Dho e da numerosi sacerdoti e religiosi della diocesi. Come è noto, si tratta di un momento particolarmente significativo, nel cuore della Settimana santa, in cui i ministri ordinati, i consacrati e di fedeli si stringono attorno al successore degli Apostoli per esprimere l’impegno a spendersi per la causa del Regno, negli ambienti e nei compiti assegnati dentro la “vigna del Signore”. Non per nulla si benedicono appunto gli oli (degli infermi, dei catecumeni) e il crisma (per il Battesimo, la Cresima e le Ordinazioni), ad indicare il servizio evangelico da assumere. Mons. Luciano Pacomio nella sua omelia ha insistito su quattro parole-chiave: la fraternità con particolare appello ai diaconi ed ai presbiteri per apprezzarne il valore decisivo come discepoli credibili del Maestro e Signore; la profezia da fissare come meta quotidiana ai consacrati in questo “anno” a loro dedicato, perché trovino la forza di una testimonianza che non si lasci condizionare dalle difficoltà che ci sono e anche grandi; la fiducia, da mettere a disposizione dei ragazzi che si preparano alla Cresima perché non “si lascino rubare la speranza” come dice spesso a loro Papa Francesco; infine la capacità di futuro, alla portata di tutti, per diventare in grado di superare gli intralci della vita e delle situazioni, per guardare lontano da figli di Dio… In chiusura di celebrazione, il vicario generale mons. Meo Bessone, nel rivolgere gli auguri al vescovo, ha anche ricordato che per mons. Pacomio si compie quest’anno il traguardo del mezzo secolo da sacerdote. Un applauso incoraggiante ha scandito questo annuncio. I 50 anni di messa per il vescovo si festeggeranno a settembre.

GIOVEDI SANTO 2015 - MESSA CRISMALE

  1. Ringraziamo nuovamente il Signore che ci concede di celebrare questa Eucaristia Crismale nel giorno del Giovedì Santo 2015, giorno in cui adoriamo il Dono che ha fatto di Sé Gesù, con la Sua morte salvatrice e con la Sua perenne presenza di Vivente Risorto, soprattutto nell’Eucaristia.

Lo ringraziamo e lo adoriamo per il Suo “primo dono” ai credenti: lo Spirito Santo e, con lo Spirito, tutti i doni che ci aiutano a vivere (i Sacramenti), significati dagli oli e crisma da consacrare, e le nostre stesse persone:

-          ministri ordinati (sacerdoti e diaconi),

-          battezzati, cresimati e cresimandi,

-          consacrate e consacrati,

-          sposati nel Signore con il “si” sacramentale del matrimonio.

  1. Ancora una volta la Parola divina di questa liturgia, nelle sue tre letture bibliche, ci pone al centro Gesù (Is, Ap, Lc), unto di Spirito, sorgente, presenza vivificatrice, compagnia e sostegno, meta di pienezza di vita e d’amore, grazie a Lui, nei riguardi di tutti gli altri. Questo annuncio della Parola (che è Gesù), ancora una volta, come i santi segni che benediciamo, ci è forza, sollievo, incoraggiamento per il nostro «procedere», grati anche del dono della vita.

Quattro parole di Vita, come quattro punti cardinali, defluiscono da questa nostra Celebrazione Eucaristica Crismale, ci inebriano e ci coinvolgono come mete donate, riproposte e, grazie al Buon Dio che uniti preghiamo, efficacemente operanti.

  • Una per noi ordinati: sacerdoti e diaconi; è la nostra festa;

  • una per i consacrati e consacrate: è l’anno della vita consacrata;

  • una per i cresimandi e i giovani in particolare;

  • una per tutti: in particolare per le famiglie e per tutti i loro componenti, specialmente chi è nel bisogno e nella sofferenza.

Queste quattro parole di vita, in successione, sono: fraternità, profezia, fiducia, protensione verso il futuro.

Su tutte e quattro ricordo, come denominatore comune, l’insegnamento che Papa Francesco ci ha donato all’inizio di questa Quaresima 2015: «Dio non ci chiede nulla che prima non ci abbia donato» (cfr. 2Cor 6,2: è un “tempo di grazia”).

  1.  Ecco la prima parola di Vita: la fraternità che dedico a noi (anche se non soltanto) sacerdoti e diaconi.

  • Vi prego innanzitutto di guardarci dentro e cogliere le reazioni e le esigenze che risuonano.

-          È giudizio e interrogativo riguardante l’altro? «Guarda te stesso, vescovo, che lo dici a noi».

-          È subito recriminazione? «E chi è in questo momento vero fratello per me?».

-          È una parola ricorrente, troppo scontata e di fatto irrealizzata?

-          È da richiamare, ma molte volte risonante come bisogno più che come forza ed esperienza vissuta e testimoniale?

  • Spostiamo poi con coraggio e gioia lo sguardo su Gesù e riascoltiamo qualche Sua Parola.

-          «Nessuno tra voi sia padre, maestro, primo, grande» (cfr. Mc 10,42-45; Mt 20,25-27; Lc 9, 46; 22,24-27).

-          «Siate come il Figlio dell’uomo che è venuto per servire e non per essere servito» (ibid).

-          «Amatevi gli uni gli altri come (perché) io ho amato voi» (Gv 13,34).

-          «Vi ho detto questo perché abbiate pace in voi. Nel mondo avrete tribolazioni, ma abbiate coraggio io ho vinto il mondo» (Gv 16,33).

  • Guardando infine alle nostre sorelle e fratelli presenti (e avendo davanti agli occhi e nel cuore la comunità che serviamo) ridiciamo come Paolo «la mia gioia è quella di tutti voi» (2Cor 2,3).

Ci sentiamo davvero non «padroni della fede ma collaboratori della vostra gioia» (2Cor 1,24).

       E questa fraternità, non è prima di tutto bisogno che l’altro sia fratello, che gli altri si comportino con noi da fratelli; ma ciascuno di noi si fa autonomamente, grazie al dono del Signore, soggetto attivo (fonte) di fraternità donata.

       Riprendo dallo scritto di un confratello vescovo (G. Ambrosio): «Grazie a Gesù Cristo che si è fatto nostro fratello, diventa possibile vivere la fraternità e diventa realizzabile la nostra identità: ci è data la grazia di uscire dalla nostra condizione di solitudine, aprendoci al Tu che è Dio e aprendoci al tu che è il fratello… la comunione nella Chiesa e la fraternità nel presbiterio non sono innanzitutto opere che possiamo e dobbiamo realizzare, non sono realtà da costruire e da edificare. Sono piuttosto il mistero da accogliere e da manifestare come epifania del dono ricevuto».

  1. Alle nostre sorelle e fratelli consacrati (e non soltanto a loro), ridico la seconda parola: siate profezia; come ha scritto il Papa nel documento per l’indizione dell’Anno della Vita Consacrata.

Profeti di chi, di che cosa e come?

Profeti della gioia di vivere credente in Gesù, donante ora per ora la propria vita, grazie al Dono che è Lui per noi. E tutto questo in una età molte volte con carenze di forze e in numero non sufficiente per le opere istituite e per i nostri desideri. L’unica fondamentale, importantissima profezia è riattivare la scelta di Abramo nella rilettura di Paolo «sperando contro ogni speranza» (Rm 4,18). E detto in termini, proprio nel Giovedì Santo, tanto pertinenti, riannunciava che la Croce di Gesù è salvezza per tutti, per il mondo. Non è umiliazione delle persone e tanto meno rifiuto nei riguardi di qualcuna. Coraggio! «Svegliamoci», come ci ha scritto il Papa; testimoniamo, nella mitezza e nell’irrilevanza sociale, la gioia, la pace, la fraternità.

  1. La terza parola ai cresimandi, e a quanti giovani, nella nostra diocesi, sanno fare spazio in modo palese o nascosto a Gesù, al buon Dio, è fiducia. Il Papa ce lo ripete continuamente: «Non lasciatevi rubare la speranza!».

Ed è davvero un rischio grande che corriamo quando ci lasciamo ingolfare dal guazzabuglio dei nostri desideri, dall’esigenza di farci vedere, di competere; o anneghiamo nel nostro soffrire psicologico, affettivo, o nelle nostre ribellioni e rifiuti.

Possiamo e non dobbiamo accettare di far parte di quella globalizzazione – così si è espresso Papa Francesco – e di quelle «attitudini egoistiche» di indifferenza e di menefreghismo che hanno preso oggi «una dimensione mondiale». Ve lo ridico con l’insistenza con cui ha scritto ripetutamente Paolo in 2Cor 5,6.8 «Siamo sempre pieni di fiducia….siamo pieni di fiducia».

  1. La quarta e definitiva parola di vita è protensione verso il futuro: procedere, tirar avanti, progredire. È quanto ci siamo raccomandati in tutta la diocesi come terza tappa di questo anno pastorale. Questo vale soprattutto per chi è nel bisogno di ogni tipo; questo vale soprattutto per chi è malato e gli mancano perfino fisicamente le forze.

       Vorrei fare mie per tutti voi, ancora le parole che lo stesso papa Francesco assume dall’insegnamento di Teresina di Lisieux, riannunciando che solo la Potenza d’amore di Dio vince l’indifferenza e ogni forma di impotenza. Papa Francesco ci ha annunciato per questa Quaresima: «Santa Teresa di Lisieux, dottore della Chiesa, scriveva convinta che la gioia nel cielo per la vittoria dell’amore crocifisso non è piena finché anche un solo uomo sulla terra soffre e geme: “Conto di non restare inattiva in cielo, il mio desiderio è di lavorare ancora per la Chiesa e per le anime” (lettera 254 del 14 luglio 1897)». Questo pensiero ci unisce e ci pone ancor più in comunione dialogica salvatrice con tutti i confratelli sacerdoti e con tutti i nostri cari, che hanno lasciato il nostro vivere storico.

  1. Concludo richiamando che cosa ci attende in questo stesso anno 2015 come grande e luminoso “orizzonte di senso”. In ottobre prossimo il Secondo Sinodo dei Vescovi per aiutare le famiglie. In novembre l’assemblea ecclesiale nazionale a Firenze che riflette e annuncia «il nuovo umanesimo in Cristo». In dicembre l’apertura dell’anno santo giubilare: «La Misericordia di Dio».

Riproclamo con tutti voi la preghiera liturgica di Lodi (venerdì terza settimana del salterio):

«Donaci, o Padre buono

di godere sempre

della Presenza del Figlio Tuo,

perché seguendo Lui,

nostro creatore e guida,

progrediamo nella via

dei tuoi comandamenti. Amen».

Buona Santa Pasqua di Gesù, crocifisso Risorto.

+ Luciano Pacomio, vescovo

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