Monfortinjazz. Robert Glasper, l’eclettismo è “nell’aria stanotte”

Il pianista americano non nasconde di voler emulare Hancock, ma spazia nel jazz fino ad abbracciare soluzioni hip hop che ne fanno un artista al bivio fra due correnti della cultura musicale afro-americana

Monfortinjazz si conferma una delle kermesse musicali di maggiore qualità della provincia di Cuneo. Anche quest’anno, numerosi gli ospiti internazionali: il pianista Yann Tiersen, l’accoppiata Bokante e Snarky Puppy, il bluesman Gregory Porter. Venerdì 27 luglio è stata la volta di Robert Glasper. Nato a Houston (Texas) nel 1978, Glasper è un pianista di formazione jazz con la passione per l’R’n’B e l’hip hop. La critica ne ha lodato l’attitudine a mescolare generi musicali diversi, qualità che lo rende vicino a Herbie Hancock e gli è valsa due Grammy Awards (i “premi Oscar” della musica americana) per l’album Black Radio del 2012.

Fin dai primi attimi Glasper domina la cornice dell’Auditorium Horszowski, anche se si siede dietro al suo piano elettrico a lato del palco. Lo accompagna una band di musicisti eccezionali: Mark Colenburg alla batteria e alle percussioni, Casey Benjamin al sassofono e al vocoder, Burniss Traviss II al basso e Mike Severson alla chitarra. Con un fare deciso e mite allo stesso tempo, Glasper si rivolge alla platea non appena arriva sul palcoscenico. Si siede e chiede al pubblico “What’s up? How are you doing?”, con quella voce calda e seducente tipica dei bluesman americani. È buio; le luci blu e rosse si mescolano al denso vapore sparso sulla scena. Il concerto può iniziare.

Glasper non nasconde di voler emulare Hancock, anzi. Il primo pezzo della scaletta è “Tell me a bedtime story”, tratto dall’LP Fat Albert Rotunda del suo idolo. Al termine, Glasper si cimenta in un lungo assolo di piano, e proprio quando i virtuosismi iniziano a farsi un po’ noiosi, la canzone giunge al termine. Segue “Thinking about you”, brano dell’ultimo album ArtScience del 2016, decisamente influenzato dai ritmi hip hop e R’n’B. La capacità di spaziare dal jazz a soluzioni hip hop fa di Glasper un artista al bivio fra le due correnti della cultura musicale afro-americana, l’una propria delle vecchie generazioni dei giganti del jazz (Nat King Cole, Art Tatum), l’altra appartenente alla “nuova guardia” hip-hop (Kanye West, Kendrick Lamar). Quindi, è la volta di lunghe composizioni e improvvisazioni che contengono estratti di pezzi pop riarrangiati in chiave jazzistica. L’eclettismo di Glasper emerge dagli estratti di alcuni successi immortali, come Roxanne dei Police e Everything in its right place dei Radiohead (seguita da un assolo di batteria mozzafiato). Ai motivi musicali ben noti al pubblico si alternano formidabili voli melodici e assoli di sax, di piano e di basso.

Si arriva velocemente al finale, che suona come una dedica originale a due artisti diversissimi. Nello stesso pezzo, Glasper e la band mescolano le linee vocali di Smells like teen spirit dei Nirvana e di In the air tonight di Phil Collins. Una scelta azzardata, ma vincente: alla fine, il pubblico si alza in piedi e chiede insistentemente il bis, senza successo.

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