Il pianoforte “isolato” di Roberto Attanasio nel suo nuovo album

Esce oggi per Memory Recordings/Believe Distribution  Isolated, il nuovo disco di Roberto Attanasio.

Dopo i suoi lavori precedenti, pubblicati dalla 1631 Recordings/Decca e molto apprezzati dalla critica, il giovane pianista-compositore romano, di origine napoletana, giunge al suo terzo album con una composizione minimalista che esplora le sonorità del pianoforte e conduce in un viaggio di riflessione ed evocazione nell’io. Attanasio (classe 1990) lavora alla ricerca sonora, non solo con l’attenzione del pianista ma anche con quella del “tecnico” del suono, che sa valorizzare le potenzialità del suo strumento. Oltre ai suoi studi in Sound Design, molteplici sono state le sue sperimentazioni e gli studi legati al suono, che lo hanno condotto a muoversi, oltre che nella musica strumentale, nel mondo dell’elettronica e della tecnologia digitale. In questa chiacchierata ci racconta la nascita del suo nuovo lavoro e la sua storia da giovane musicista compositore.

Puoi raccontarci del tuo percorso musicale, di quando hai capito che la musica sarebbe stata la tua strada?

Premetto di non avere una formazione musicale classica. Ho iniziato a suonare il pianoforte relativamente tardi, a vent’anni, ma l’amore per la musica esisteva da sempre. Mi dedicavo alla produzione musicale e lavoravo spesso in studio di registrazione. I miei studi universitari sono stati in Sound Design e in questo settore ho vinto due concorsi per Chevrolet, uno italiano e uno europeo. Le due specialistiche che ho conseguito sono una in produzione di software audio e una come produttore di studio registrazione. Negli anni precedenti l’arrivo del pianoforte nella mia vita, ho sempre avuto l’impressione di dover dire qualcosa ma non trovavo il filtro giusto per farlo. Scrivevo a tredici anni musica nell’ambito della produzione. Poi ho trovato il pianoforte. Non mi definisco però pianista: credo piuttosto di “usare” il pianoforte. Ho avuto anche la fortuna di incontrare un maestro in grado di comprendere quali erano i miei reali obiettivi con lo strumento, ovvero quelli compositivi. E sono contento di questo mio percorso non “tradizionale”, che mi ha insegnato molto.

Quali sono stati i musicisti che ti hanno maggiormente influenzato?

Il primo pianista che mi ha stimolato di più è stato Sakamoto, che ha anche rappresentato il primo concerto a cui andai ad assistere dal vivo. Poi ho ascoltato molto Philip Glass, Yann Tiersen, Chilly Gonzales e altri. Le influenze musicali sono tante e varie e prevalentemente non del mondo classico.

Puoi parlarci del tuo nuovo album Isolated? Qual è stato il lavoro svolto rispetto ai precedenti dischi?

Nei miei precedenti dischi ho lavorato principalmente al pianoforte con la sordina: nel primo utilizzavo la sordina classica e nel secondo ho adottato un cambio mirato dei materiali, in modo tale da avere suoni sempre diversi. A questo tema ho anche dedicato una mia tesi di laurea: nel cinema questo tipo di tecnica funzionava molto bene ed è certamente un mondo affascinante, nel quale mi sono cimentato a lungo. Ho deciso però per questo nuovo album di passare alle sonorità limpide del pianoforte. Rispetto a un pianismo anche tecnicamente molto semplice, dal suono molto cupo che permetteva di appoggiare più facilmente le voci, in questo lavoro mi sono dedicato al pianoforte con la sua luminosità autentica.

                                          https://robertoattanasio.bandcamp.com/releases 

Hai 27 anni e hai all’attivo già diversi lavori discografici. Quale è stata la tua esperienza con la discografia di questi anni? Quale consiglio daresti a un giovane che vuole proporsi con le sue musiche?

Nel maggio 2016 è uscito il mio primo disco per 1631 Recordings/Decca: era una collezione di idee musicali raccolte nel corso degli anni. Cercai un’etichetta e subito questa, svedese, accettò il mio lavoro. Fu molto utile per me relazionarmi con l’estero: è un’interfaccia  utile per un giovane potercisi confrontare. Lavorai subito al secondo disco, che fu prodotto dalla stessa dimensione discografica. Questo nuovo album invece nacque grazie all’incontro con Fabrizio Paterlini, pianista fondatore della mia attuale etichetta: lo conoscevo e, quando gli proposi il mio lavoro, accettò volentieri il mio progetto.

Isolated è il titolo del tuo nuovo album. Da dove nasce e cosa vuole raccontare questo progetto?

Isolated è il frutto di due anni di isolamento e anche di insoddisfazione, di riflessione. Esiste con il pianoforte un rapporto viscerale (che la copertina anche vuole riassumere): lui ha accolto un isolamento che prende forma in musica in una composizione pensata tutta d’un fiato, per quanto divisa in otto tracce, che vogliono essere come degli atti. Dare dei nomi a ciascuno di questi sarebbe stato troppo identificativo mentre per me era un altro l’intento. Ogni persona in questi brani, che vivono ciascuno di vita propria e sono connessi da cellule identiche che ritornano, può vedere cosa preferisce. È una scrittura che vuole descrivere un flusso di coscienza.

E come “campa” un musicista nel 2017?

La prima fonte di guadagno dovrebbero essere i concerti. Per suonare c’è bisogno di una ricerca viscerale. Io ho deciso di lasciare la vita da fonico per dedicarmi solo al pianoforte. Produco soltanto i miei dischi. Ho deciso di puntare tutto sul pianoforte: se lo dovessi lasciare non farei mai più musica.

Come si svolge una giornata tipo di Roberto Attanasio?

In modo rigoroso. E isolato. Siamo in tanti e bisogna darsi da fare. Quattro ore di tecnica, quattro di scrittura e due ore a suonare. Una decina di ore al pianoforte insomma. Vivo poco i rapporti personali...

Cosa consiglieresti a un tuo coetaneo, a un giovane che vuole fare musica?

Non ti aspettare che creda qualcuno in te. È fondamentale tu creda in te stesso e tiri fuori la sicurezza da solo. Solo così si possono realizzare i propri sogni.

 

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