È una storia di odio, quella che ha avvolto questa settimana Cuneo e Mondovì. Una storia triste, dolorosa e folle. Con un epilogo terribile, insano, che non ha giustificazione o comprensione di sorta. È la storia dell’odio omicida che Germano Sciandra, 65 anni di Mondovì, ha covato per oltre 20 anni contro Marco De Angelis, imprenditore cuneese di 56 anni con cui era stato socio alla fine degli anni ‘90. Un rancore che lo ha consumato come un cancro e che in un maledetto giovedì di luglio è esploso con il più orrendo dei rituali: prima l’omicidio, poi il suicidio. Sciandra voleva farla finta con la vita, e voleva portare con sé il suo “nemico”. E l’ha fatto. Distruggendo una famiglia, quella di De Angelis, lasciando attonita la propria (il fratello e due sorelle) e sgomente due città, Mondovì e Cuneo.
Sciandra era un individuo poco conosciuto, a Mondovì: nato a Pamparato, non era sposato, viveva col fratello in una casa di campagna a San Giovanni dei Govoni. L’intera vicenda, che per quasi due giorni è stata parzialmente avvolta nel mistero, oggi è stata completamente chiarita dalle indagini.
Cuneo: spara e uccide un negoziante, poi si suicida
Sono circa le 18,45 di giovedì 4 luglio. Germano Sciandra giunge a Cuneo con la sua auto, una Fiat “Punto”, e la parcheggia a fianco di piazza Galimberti, nel cuore del centro del capoluogo. Paga persino il parchimetro, nonostante ha chiarissimo in testa il suo tremendo piano omicida e suicida. Ha con sé una pistola: una “Smith & Wesson” a tamburo, arma comprata alcuni anni fa “per uso caccia e sportivo”, regolarmente detenuta e denunciata. Si dirige verso il negozio “Dimo Sport” che si trova in via Ponza di San Martino, traversa della piazza. Qui, sull’ingresso, trova De Angelis. Estrae la pistola e gli spara tre volte: lo ha prima ferito a un braccio (il commerciante aveva alzato l’arto per difendersi), poi lo ha colpito al volto e al torace uccidendolo. Un testimone, che aveva sentito gli spari, entra in quell’istante nel negozio e vede l’ultimo atto della folle tragedia: Germano Sciandra rivolge la pistola verso sé stesso e si spara.
LE INDAGINI, IL PASSATO DEI DUE UOMINI
Immediatamente sono arrivati sul posto i Carabinieri di Cuneo, comandati dal tenente colonnello Marco Pettinato, comandante del Reparto Operativo, e il sostituto procuratore Alberto Braghin che ha assunto le indagini. Si indaga non solo sulla dinamica, quasi evidente, quanto sul movente. Si sospettano tante ragioni, si pensa a un regolamento di conti per motivi passionali. Poi cominciano a venire a galla i legami fra i due: De Angelis e Sciandra erano stati soci in affari, circa 20 anni fa, ai tempi in cui si avviò l’attività “Dimo Sport” a Cuneo. Poi la società era stata sciolta, le quote di Sciandra liquidate. Ma forse non nel modo in cui si aspettava lui. E così il monregalese, che aveva cercato di avviare altre attività commerciali ma sempre senza successo, aveva iniziato a covare rancore verso l’ex socio: tanto da dare la colpa a lui di tutte le sue sventure finanziarie. Da anni non aveva un lavoro fisso: una vita solitaria, schivo, quasi sconosciuto persino ai suoi vicini di casa. Col fratello, in casa, parlava poco. Ma aveva lasciato ben altre parole: scritte, nere su bianco.
LE CARTE DELL’ODIO: «LUI STESSO HA SCRITTO DOVE TROVARLE»
Il primo elemento che ha attirato l’attenzione degli inquirenti, è stata una scatola di lettere trovata sull’auto di Sciandra. Erano scritti carichi di rancore e odio per De Angelis. Non solo: il monregalese aveva anche lasciato scritto dove trovare, a casa sua, il resto della storia. E lì, in frazione San Giovanni, è stato rinvenuto un vero diario di odio in cui raccontava anni di rancore accumulato. Centinaia di pagine. Impossibile stabilire da quanto andasse avanti: a giudicare da alcuni particolari, sicuramente si parla di almeno 6-7 anni. Gli inquirenti hanno ascoltato il fratello Francesco e hanno messo insieme i pezzi: i dettagli che fanno capire la freddezza del piano omicida-suicida. Sciandra sarebbe uscito di casa quel giorno stesso, ore prima, con una busta della spesa sotto braccio. Non ha detto dove stava andando. Nascosta, forse proprio nella borsa, la pistola. Nella sua testa, il dolore e il folle piano.
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