Chiamati a che cosa? Preti e comunità ordinati gli uni alle altre

Domenica 31 gennaio è Giornata del Seminario interdiocesano, occasione per farsi coinvolgere nella vocazione al ministero ordinato nelle Chiese cuneesi. Il messaggio del vescovo Egidio

Domenica 31 gennaio è prevista nelle diocesi della Granda la Giornata del Seminario interdiocesano. Per questa occasione la Comunità stessa del Seminario si è rivolta con un messaggio, contrassegnato da importanti domande, alle Chiese del Cuneese, ai battezzati, ai credenti, a giovani e alle famiglie sul futuro che potrà avere il ministero ordinato in mezzo a noi, visti i numeri ormai ridotti di giovani in cammino verso il presbiterato.
«Chiedere alle comunità parrocchiali delle nostre Diocesi di dedicare tutti gli anni una Giornata al Seminario, pregando e riflettendo, assume quest’anno un triplice concreto risvolto - ecco il testo del messaggio -. Innanzitutto non si tratta di volgere la nostra attenzione ad un luogo, il Seminario, lontano e distaccato dalle nostre vite, bensì alle persone che, vivendo un particolare momento della loro vita, si stanno impegnando per corrispondere al Signore, che li sta chiamando a seguirlo nella via del ministero ordinato, mettendosi a servizio del Suo corpo che è la Chiesa. Non si diventa preti, infatti, per la propria autorealizzazione personale, ma per servire la Chiesa in ciò di cui essa ha bisogno. È questa la sfida interessante e sproporzionata che intraprende chi vive questo servizio. In secondo luogo, essendo i seminaristi di oggi i preti di domani e quindi i parroci delle comunità dove ciascuno di noi vive, la questione ci coinvolge ancora più direttamente. La comunità cristiana ha vitalmente bisogno della Parola, dei Sacramenti e del ministero. Infatti, non può esserci una comunità cristiana senza la Parola, i Sacramenti e un presbitero che la presiede». «Posto come punto fermo la necessità dei preti, quale impegno siamo disposti ad assumerci come comunità – visto il diminuire della loro presenza numerica sul territorio – non solo per sgravarli da incombenze non strettamente legate al loro ministero, ma per permettere che i molteplici carismi (di cui la comunità nelle sue membra è dotata) possano esprimersi? Che cosa invece chiediamo loro, in quanto propriamente legato al loro servizio, insostituibile, di presbiteri? In terzo luogo, tutti siamo e dobbiamo sentirci responsabili dei seminaristi e dei preti di oggi e di domani. Se i preti sono pochi e diminuiranno ancora, con un sovraccarico di incombenze e lavoro ingestibile, quali sono i “segni dei tempi” (GS 4) attraverso i quali il Signore ci sta chiedendo di ascoltarlo e quindi di convertirci? Non sarà che dalla risposta non solo teorica, ma soprattutto pratica alle due domande poste sopra possiamo aiutarci, preti e comunità, ciascuno nei propri ambiti non separabili ma interconnessi (“ordinati l’uno all’altro” LG 10), per essere oggi nel mondo la Chiesa del Signore? Così facendo, forse, il Padrone della messe continuerà a mandare operai per la sua messe».

Il messaggio del vescovo Egidio Miragoli
sull’esperienza e la portata del Seminario

Ai giovani è chiesto coraggio nell’accogliere la proposta di Dio
+ Egidio, vescovo.
La Giornata per il Seminario mi sollecita e mi coinvolge in prima persona per tanti motivi. Due fra tutti: riconoscenza per un’istituzione che mi ha accompagnato e formato, responsabilità e attenzione per una realtà da cui dipende in gran parte il domani della nostra Chiesa. Personalmente, ho avuto innanzitutto la fortuna di vivere per 13 anni, da alunno, l’esperienza del Seminario nella forma tradizionale che prevedeva l’iter dalle medie, al liceo, alla teologia. Sono stati anni di tante amicizie, sacerdotali e non, che ancora permangono. In quel Seminario ho avuto modo di essere accompagnato nel cammino della vita spirituale con aiuti che in nessun altro luogo avrei avuto. Una volta ordinato, dal Signore ho avuto il dono di tre anni degli studi romani, vivendo in un Seminario che era una comunità di giovani sacerdoti provenienti da tutta Italia. Un’esperienza di fraternità che mi ha allargato gli orizzonti facendomi respirare il clima della Chiesa universale. Tornato alla mia diocesi, è stata grazia anche l’aver frequentato il Seminario locale per altri 35 anni come docente e anche come Direttore dello studio teologico: un’esperienza bella, arricchente, a contatto con le nuove generazioni di giovani sempre diverse che si susseguivano, giovani capaci di grandi ideali e naturalmente esigenti sotto il profilo della presenza, dell’aggiornamento, della consapevolezza: nessuno può essere educatore se non è vivo e vigile sul suo stesso cammino. Insomma: fasi diverse della mia vita sono state segnate dalla frequentazione della realtà del Seminario, e tutte ne hanno beneficiato, tutte contribuendo alla mia formazione di persona e di presbitero. Sulla scia di questi ricordi positivi e di queste certezze, ora il pensiero va al nostro Seminario, ovvero ai giovani che costituiscono il presente e il futuro della nostra Chiesa. È davvero un “piccolo gregge” il nostro Seminario, ma il Signore ci ha detto di “non temere” (Lc 12,32). Se Gesù ha saputo scommettere sul piccolo gregge dei suoi discepoli, noi non possiamo certo scoraggiarci davanti all’esiguità dei numeri: che conta, è la fede con cui li guardiamo e con cui li viviamo. Nessuno scoramento, dunque.
Due, se mai, sono i sentimenti che mi accompagnano e che voglio condividere: trepidazione e speranza. Trepidazione per la complessità del momento presente e per le difficoltà innegabili che ci stanno davanti, per la sproporzione tra il numero dei seminaristi e le necessità delle nostre parrocchie. Questa consapevolezza e queste urgenze dovranno stimolare, indubbiamente, la nostra pastorale. Speranza perché i nostri pochi giovani incamminati verso il ministero presbiterale sono il segno, piccolo ma reale, concreto, di una gioventù viva interiormente, capace ancora di donazione; sono la prova che il “padrone della messe” non si è dimenticato di noi, ci benedice e non smette di chiamare.
In queste due domeniche la Parola di Dio ci ha accompagnato con storie di vocazione che ci attestano le tante modalità con cui il Signore invita a seguirlo: chi percepisce interiormente una chiamata, chi incontra un maestro che lo rende attento e lo indirizza, chi si lascia condurre da un amico. E al cuore di ciascuna di queste possibilità, Gesù, che invece di una modesta prospettiva di vita dietro ai pesci, o altro, offre un’avventura dentro il cuore di Dio e degli uomini. L’esito finale lo conosciamo: chi ha seguito Gesù, il Maestro, ha sperimentato che Dio riempie le reti, riempie la vita, moltiplica coraggio e fecondità. È questo che vorrei poter dire forte ai nostri giovani: lasciatevi coinvolgere dalla proposta di Dio, se questa proposta in qualche modo vi raggiunge. Le vostre vite ne saranno dotate di senso, valorizzate, elevate.
In questa Giornata del Seminario affido al Signore Cristiano e Nicolò, i nostri seminaristi, e con loro affido al Signore i tanti giovani delle nostre parrocchie che ho conosciuto in questi anni. Alcuni di loro li so in sincera ricerca vocazionale. A tutti dico: non attardatevi a rispondere; fidatevi del Signore! Non resterete delusi! Chiedo ancora una volta ad ogni parrocchia e ad ogni famiglia una particolare intenzione di preghiera, perché il Signore abbia a fugare dubbi e paure, perché alla sua chiamata risponda il coraggio dei destinatari per un sì definitivo, dono alla nostra Chiesa e a se stessi, perché non esiste gioia più grande di quella che proviene da una vita spesa secondo il disegno di Dio su di noi.

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