Una maledizione spettacolare che non spaventa più come un tempo: La Mummia

Nei cinema la nuova versione di uno dei grandi classici horror: una buona occasione per tastare il polso al genere

TRAMA

L’archeologo mercenario Nick Morton ordina per errore il bombardamento di un’antica tomba in Mesopotamia, dalle macerie si scopre il passaggio per una grotta che cela il sarcofago della principessa Egizia Ahmamet, maledetta in quanto volle portare il Dio della morte Set nel nostro mondo e quindi mummificata viva. Liberando il sarcofago dalla sua prigione viene liberata anche la sua maledizione, che inizierà a manifestarsi durante il viaggio di trasporto verso l’Inghilterra.

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L’ Universal Studios ha deciso di lanciare il progetto “Dark Universe”, una rivisitazione in chiave moderna dei grandi classici dell’orrore proposta in più pellicole e di cui “La Mummia” rappresenta la prima uscita; questa operazione, oltre a richiamare i lavori di restyling che vanno tanto per la maggiore ultimamente(fiabe disney e cinecomics su tutti), rimanda anche ad una grossa impresa cinematografica che ha fatto storia: ovvero la Hammer production, che dal secondo dopoguerra fino agli anni ’70 ha sfoderato decine di opere, molti B-Movie ma non solo, dai loro studi infatti sono uscite anche produzioni di spessore in grado di creare una linea guida che in molti poi hanno perseguito.

Tra le numerose serie delle Hammer c’è ovviamente anche quella sulla Mummia a cui è legato il nome dell’attore britannico Christopher Lee, gioco delle coincidenze scomparso esattamente due anni prima dell’uscita di quest’ultima versione, e di cui ne è stato interprete nel 1959; icona dell’horror grazie anche alle sue numerose interpretazioni nei vari Dracula e Frankenstein, sempre della Hammer, divenendo al pari di Vincent Price quello che furono Bela Lugosi e Boris Karloff per le generazioni precedenti: ovvero dei mostri sacri del genere, rappresentanti di un cinema più povero ma sconvolgente, dove il terrore si celava, appena accennato e per questo paralizzante. Espressioni e figure che tramite la sola presenza rievocavano paure ancestrali; riproporne il modello sarebbe ormai anacronistico, ma è indubbio che attori del genere manchino in questo momento; infatti possiamo ora riscontrare una crisi ideologica nel cinema del terrore: l’horror non fa più paura, sommerso da un abuso eccessivo di computer grafica e da sceneggiature che spingono maggiormente verso l’avventura; la mancanza autoriale di maestri del genere ha fatto il resto, con la scomparsa sempre nel 2015 di Wes Craven si possono ormai contare sulle dita di una mano; i nuovi che si cimentano non sembrano capaci di infondere un sano terrore primitivo e provano a colmare questa lacuna puntando su una spettacolarizzazione eccessiva. Esistono ovviamente felici eccezioni ma sono sepolte da articoli usa e getta o mockumentary e ghost stories, che a dire il vero hanno regalato aria nuova per un certo periodo, ma che ora sembrano averla saturata.

Anche il mondo dell’antico Egitto ha affascinato il cinema per diverse generazioni, dalle pellicole mitologiche anni ’50, Antico Testamento e periodo Tolemaico soprattutto, fino ad arrivare a sfumature più fantasy tirando in ballo divinità e Faraoni, sfociando nella fantascienza e nel mito, mischiando ufologia e psedoscienza con un’archeologia misteriosa che accomuna diverse civiltà e leggende: abbracciando Atlantide e Antichi Maya, la cui passata maledizione sembra aver tarpato le ali all’intero filone, un tipo di intrattenimento indubbiamente seducente, ma che necessita di un giusto calibro per restare nei confini del mistero e non sfociare nello sciocco e nell’infantile.

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