Si apre a Vicoforte il Convegno “Ci ho messo le mani, la mente, il cuore. E ora?” Promosso dalla Diocesi di Mondovì, attraverso l’Azione Cattolica e l’ufficio per la Pastorale della salute, rivolto ad operare una riflessione per gli operatori della sanità, in prima linea tutti i giorni nella battaglia contro il Coronavirus. Una giornata di incontro e confronto, un momento di pensiero per dare spunti e stimoli e riflettere su quanto è accaduto e sulle sfide che la situazione presenta e che dovranno essere affrontate. Nonostante i fenomeni meteorologici che hanno causato danni nella notte in molti paesi ed hanno stravolto la viabilità, il convegno ha comunque raccolto un certo numero di partecipanti.
Il convegno è stato aperto dal saluto del monsignor Egidio Miragoli, che ha proposto una riflessione circa la necessità di trovare gli spazi per garantire l’incontro tra ospiti delle Case di riposo e degli ospedali e i parenti. La necessità di trovare una “Fantasia dell’amore” che riesca a dare spazio all’umanità negli spiragli lasciati dalle necessità imposte dai protocolli sanitari. «Ho sempre un debito di riconoscenza verso il mondo della sanità: ho frequentato una sfilza di reparti, facendo il parroco ho accompagnato all’eternità mille dei miei fedeli. Ho avuto modo di conoscere bene questa realtà e apprezzarne l’aspetto umano» ha esordito il vescovo. «Il convegno si tiene in un frangente particolare, la pandemia continua, dobbiamo guardare all’oggi e al futuro immediato per assumere comportamenti virtuosi, efficaci, umani e umanizzanti». Mons. Miragoli parte dallo spunto offerto da papa Francesco, circa la necessità di attivare una “Fantasia dell’amore” per trovare gli spazi per garantire relazioni affettive tra familiari e ospiti delle strutture sanitarie, senza rinunciare ai protocolli sanitari necessari. « Sono indispensabili intelligenza e umanità, collegati alla prudenza, per riprendere rapporti affettivi efficaci tra malati e familiari – ha proseguito il Vescovo -. Anche prima della pandemia spesso non si riteneva la presenza dei familiari una priorità del prendersi cura: reparti aperti, con rigide regole chiare per tutti, operatori, pazienti e familiari, dovrebbero essere la norma. In assenza di questa sensibilità il coronavirus trova terreno fertile per causare una chiusura totale su questo tema. Fortunatamente ci sono medici e infermieri che hanno già proceduto a attivare iniziative per garantire relazioni il più possibile soddisfacenti tra familiari e pazienti, apprezzate notevolmente da tutti. La mia speranza è che vengano condivise e estese ovunque non vi siano motivazioni fondate che lo impediscono. Serve un supplemento di fatica a volte, per trovare soluzioni adeguate».
La giornata proseguirà con gli interventi, tra gli altri, di Don Egidio Motta, per una riflessione a partire dal testo biblico, di Giuliana Sclavo, ex direttrice della Casa di riposo Sacra Famiglia, del dottor Marco Turbiglio, che porteranno al pubblico la loro testimonianza.
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