Quella di sabato 1° settembre sarà una data che non potrà essere dimenticata. Segnerà infatti il giorno della riapertura del Forte che sovrasta la città, ai cebani e a chiunque vorrà visitarlo. Una riapertura che emoziona e che fa tornare indietro nel tempo chi scrive, per ciò che ha rappresentato nella propria gioventù. E ritornarci, un buon mezzo secolo dopo, per visitarlo in anteprima – accompagnato dalla marchesa Paola Pallavicino e dall’arch. Andrea Briatore, il progettista e il “deus ex machina” dell’impresa – ha fatto provare emozioni e commozione, come il rispolverare momenti del passato, sepolti dal tempo. Già, perché quello spazio attorno al grande cedro del Libano, a ridosso dell’ingresso delle grotte, come tutta l’area circostante, compresa quella della croce, ben visibile da ogni angolazione arrivando a Ceva, sono un luogo che tutti i cebani – o quasi – hanno conosciuto. Da bambini prima e da giovani poi, quando con i primi amori si andava ad “ammirare” Ceva dall’alto. Aver avuto quindi il privilegio di una anteprima aggiunge un tassello al legame da sempre avuto con la città.
Il Forte che tutti potranno vedere è “nuovo”. O, meglio, dopo i lavori che sono andati avanti in questi ultimi due anni, è stata riaperta la parte che seguiva le mura esterne, con un percorso al di sotto della croce, che, grazie anche agli scavi, ha riportato alla luce quello che era l’ingresso carraio, con gli evidenti segni di un ponte levatoio e del posto di guardia. Seguendolo, si raggiunge il grande cedro e quindi l’accesso alle caverne, dove è allestito il percorso interno che, col supporto di impianto multimediale, è possibile riscontrare l’utilizzo delle stesse negli anni della presenza nel fortilizio di militari e truppe. Ma anche conservando la Cappella centrale – dove c’è una statua della Madonna dell’Addolorata, patrona di Ceva – ed altre collegate, in cui i restauri hanno portato alla luce affreschi sconosciuti.
Ulteriori particolari su L'Unione Monregalese del 29 agosto 2018