Artico 2: The Rock Side of the festival

Con la serata di sabato si conclude un'edizione fortunata del festival Braidese: sul palco la sorpresa dei "Dunk" e il pop elettronico di Colapesce

Dove sta la musica e dove stanno le nuove tendenze musicali? Beh, il piccolo festival che si è tenuto a Bra lo scorso week-end ne cristallizza una declinazione che potrebbe essere definita nuova, o che, per lo meno, tiene conto di una serie di aspetti da prendere in considerazione per raccontare cosa accade oggi nella musica. Nel momento in cui una società non mette più in discussione alcuni pilastri dei propri principi fondanti - vuoi perché, se si osserva il problema da un punto di vista sociale, gli slanci rivoluzionari richiedono frizioni ben più forti rispetto agli attuali; vuoi perché, se il punto di vista è generazionale, il rapporto genitori/figli è diventato un po' meno conflittuale rispetto al passato - la musica riflette questa tendenza e e si sofferma a raccontare sempre più uno stato dell'intimo, letto da tanti punti di vista e corretto sotto la lente d'ingrandimento di diversi filtri.Questo ha fatto sì che la musica abbia perso un elemento che ne ha reso la forza da un punto di vista comunicativo per almeno tutta la seconda metà del '900 e si sta poco alla volta riformulando come espressione artistica del quotidiano: la musica racconta molto di più del passato la società nel suo “qui ed ora”, e molto meno il desiderio di come ci immaginiamo il futuro. In qualsiasi genere musicale. Ad Artico lo si è potuto vedere sia dal punto di vista dei generi musicali sia da un punto di vista generazionale, nelle due sere proposte.

La prima serata è stata segnata da una massiccia presenza di un pubblico giovane (età media ampiamente al di sotto dei 30 anni), per una serie di artisti che basano il loro messaggio sulla commistione dei generi. Sia con Generic Animal, sia con i successivi Coma_Cose, il rap fa da collante all'interno di una una serie di elementi di tradizioni musicali diverse: nel primo caso un certo tipo di soul (e quando in alcuni pezzi Generic Animal ha abbandonato l'uso di Auto-Tune lo si è sentito in modo evidente), mentre il duo milanese costruisce il proprio messaggio partendo dalla tradizione “per eccellenza” del pop e del cantautorato italiano con citazioni a Battisti, tra il  manierismo e il tributo (e non è un caso che Fausto Zanardelli, noto come Lama nel duo milanese, abbia già avuto un'esperienza con il progetto Edipo, fatto sotto l'ala di Dargen D'Amico), per arrivare a raccontare il mondo metropolitano milanese. (Il resoconto in dettaglio della prima serata si può leggere qui).

Nel secondo appuntamento invece l'età media del pubblico si è decisamente alzata in modo direttamente proporzionale - si potrebbe dire - con l'intensità dei suoi ascoltati. Gigante e Dunk hanno portato una buona dose di rock, nelle sue più variegate declinazioni; anche se il background di partenza parrebbe molto simile, nel più giovane cantautore pugliese si parte dal post rock per arrivare a note più elettroniche e pop. I Dunk invece sono una band rock e davvero superba ed è stata una gran bella scoperta (siamo curiosi di ascoltare l'album). Nel momento in cui i fratelli Giuradei, Carmelo Pipitone (dei Marta Sui Tubi) e Luca Ferrari (Verdena), decidono di mettere insieme una band, viene da pensare che nella musica ci sia bisogno anche di “ri/proporsi” al pubblico in veste nuova per continuare a mantenere un rapporto.

Invece, alla faccia della “marchetta”, i quattro sul palco dimostrano di avere tanta voglia di fare e di suonare, di aver creato questo progetto per condividere una passione a tutto tondo (e quando si suona in una band è importante sapersi ascoltare oltreché suonare): ne viene fuori un set in cui il suono prende il sopravvento su tutto, la ricerca nel rock, dal post fino al prog, musica acida e psichedelica che si mescola a rombi di tuono e incalzanti ritimiche; l'elemento del canto, ancorché importante, è secondario in questa band che è nata per la voglia di stare sul palco e nell'ora e più di set l'ha dimostrata tutta. Finalmente un po' di sano rock, come si deve, come non se ne ascoltava da un po' (se non nelle cantine).

E poi c'è Colapesce, senza dubbio l'artista principale di tutto Artico e che, come da programma, ha chiuso la manifestazione stessa. Un artista a tutto tondo. Un cantautore che mette insieme tante cose e che facendolo ci riesce pure bene: alto e basso, pop e rock, cantautorato e elettronica. La band si presenta sul palco con abiti talari e lui in “alta uniforme”, con abiti liturgici e testa raffigurante il personaggio della tradizione sicula del Colapesce, in un gioco tra sacralità e cultura pagana a riprendere le fila del tema portante dell'album (intitolato Infedele). Il live è d'impatto, il cantautore siracusano racconta sé stesso come sa fare e con il meglio del proprio repertorio, mette dentro il live le sue passioni musicali dall'amore per la psichedelia dei Beach Boys e per Battisti al legame con la tradizione “nostrana” del conterraneo Battiato (che omaggia con una versione di Segnali di Vita da brivido).

Buona parte della prima tranche del live è dedicata al nuovo disco, nella seconda maggior spazio invece per i due lavori precedenti in un finale con S'Illumina e Bogotà evocativo dell'estate (che sabato pareva aver abbandonato, al suo arrivo, il parco della Zizzola), una preghiera pagana che auspichi l'arrivo di una stagione nuova anche per la musica.

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