I.M., ex capo manutenzione dell’autostrada Torino-Savona (di Monastero Vasco), non si assumeva più la responsabilità di dirigere appalti e lavori dal 2001: l'anno in cui era stato condannato per omicidio colposo in seguito a un incidente mortale avvenuto proprio sulla A6. Anche su questo punta il suo difensore, Massimo Somaglino, per ottenere l’assoluzione del funzionario dalle accuse di peculato e concussione.
La tesi dell’accusa (il pm è Massimiliano Bolla) è che l'ex dirigente indusse una serie di imprenditori e artigiani a ristrutturargli case gratis in cambio di rinnovo di appalti. La tesi difensiva invece è che l'uomo non aveva personale voce in capitolo sulla scelta di chi doveva curare la manutenzione.
Tutto nasce dal fatto che, secondo la Guardia di Finanza, che ha indagato dal 2014, un rudere da 15 mila euro di proprietà dell’imputato venne trasformato in una villa bifamiliare poi rivenduta per 610 mila, grazie, per l’accusa, ai lavori gratuiti eseguiti da imprese che lavoravano per la A6. Il cantiere venne gestito dall’azienda Negro escavazioni di Fossano che, per stessa ammissione di uno dei titolari, avrebbe fatto un favore per evitare di perdere appalti in autostrada che venivano decisi da Migliardi. Il tutto tra il 2006 e il 2013. Ecco il punto: I.M. e i suoi difensori sostengono che non ci può essere stata concussione perché il funzionario non aveva potere di decidere.
L’ex capoufficio dell’imputato è stato sentito ieri in Tribunale come testimone: «Per i lavori grossi la direzione veniva data all’esterno. Per quelli più piccoli oppure se era necessario un coordinamento con l’autostrada a Migliardi, ma solo fino a quando non venne condannato per l’incidente mortale». Dalla testimonianza di un altro collega, a capo dell’ufficio acquisti e contratti è emerso che, per alcuni lavori, visto l’importo (fino a 100 mila euro) era possibile fare affidamenti diretti e fino a 500.000 euro si procedeva per gare ad invito e a formulare i nomi di almeno cinque ditte era una commissione a cui partecipava il diretto superiore di Migliardi.
Eppure la Procura insiste sul fatto che imprenditori e artigiani che fecero lavori nella villa, nella casa abitazione di I.M. a Monastero Vasco, in un altro immobile dello stesso paese e in un fabbricato a San Giacomo di Roburent o non sono stati pagati o hanno ricevuto solo una parte del denaro. Di questi molti erano titolari di imprese che curavano la manutenzione in autostrada. L’avvocato Somaglino: «Non è vero che il mio assistito non ha speso nulla: abbiamo provato documentalmente che 200 mila euro sono stati pagati». Il 9 novembre l’imputato darà la propria versione.