Quando si ascolta per la prima volta “Nuevo Mundo”, il disco dei Saber Système, la prima sensazione è che si ha è quella di essere investiti da un caleidoscopio di suoni, quasi come se si fosse al centro di una piazza affollata. In un certo senso è proprio così. Nei brani dell’album si incontrano elementi, strumenti, ritmi, melodie, testi e lingue di tante culture diverse, di tutte le parti del mondo. Partendo da solidissime radici locali, i musicisti del gruppo affastellano sulle basi della tradizione i ritmi e i suoni della modernità, facendo incontrare la musicalità acustica occitana con i sintetizzatori pulsanti della musica da ballo in voga nelle discoteche, il tempo e le melodie circolari delle danze popolari con i ritmi dispari della danza africana e le melodie pentatoniche provenienti dall’oriente.
“Nuevo Mundo” uscito il 20 ottobre, è il primo lavoro del gruppo, composto da Antonio Rapa (Voce, organetto), Maddalena Giuso (Flauto e Voce), Beatrice Conta (Piano, tastiere e programmazione musicale), Fatima Camara (Voce), Maria Vittoria Giraudo (Chitarra), Linda Oggero (Batteria), Anna Cavallera (Flauto, voce e percussioni) Leila Oggero (voce). I Saber sono tutti giovanissimi, hanno dai 18 ai 20 anni, e sono, per la maggior parte, di Peveragno. La loro amicizia arriva da lontano, dall’infanzia, come ci racconta Leila Oggero: «Io sono entrata a far parte del gruppo da alcuni mesi, ma i Saber Système esistono da quattro anni. Siamo tutti amici di infanzia, tutti dello stesso paesino, cresciuti gomito a gomito anche grazie all’amicizia dei nostri genitori. Ognuno di noi aveva iniziato a fare attività musicale per conto proprio e poi ci siamo trovati insieme». L’incontro avviene anche grazie all’aiuto di Alessandro Rapa, presidente dell’Associazione Gai Saber, che da sempre è il loro produttore musicale. Rapa intuisce le potenzialità musicali dei ragazzi e, fin dall’inizio, li aiuta a svilupparle, collaborando con loro e organizzando i loro sforzi creativi. «Io partivo da un’esperienza musicale precedente, legata alla musica occitana. Siamo partiti da lì all’inizio: la mia idea era innanzitutto quella di insegnare a loro non tanto a suonare uno strumento quanto piuttosto come si costruisce un pezzo, come si arrangia e come si imposta un progetto artistico, avendo ben chiaro e definito l’obiettivo e il suono che si vuole ottenere. Quando abbiamo cominciato loro avevano 15 anni, ora naturalmente li aiuto ma sono più autonomi. Loro all’epoca hanno scelto il multilinguismo e la world music, mondi lontanissimi dal mio: hanno scelto liberamente sia generi e influenze che i timbri: siamo partiti da quello che ascoltavano loro. L’idea di usare l’elettronica viene da lì. Il mio ruolo, sostanzialmente, da sempre è quello di aiutarli a mettere a fuoco le idee e correggere eventuali errori». «Per scrivere un brano partiamo, magari, da una canzone che ci può piacere – racconta ancora Leila – si parte da questo modello, si ascolta del materiale di quel tipo e si cerca di costruire qualcosa di simile, a cui poi combiniamo altre idee ed altri spunti. È uno sforzo collettivo. A noi piace mettere insieme cose nuove per creare incontri insoliti ed originali: una delle basi del nostro suono è proprio l’unione tra l’elettronica e gli strumenti della tradizione, come ghironda, organetto, flauto traverso. Anche ai testi lavoriamo insieme, anche se in questo caso alcuni di noi vi si dedicano più specificamente. Ad esempio in questo senso sono molto attivi Antonio e Fatima: lei è africana e Antonio condivide la grande passione per la sua cultura. Inoltre ha fatto il linguistico e sfrutta le sue conoscenze per scrivere testi poliglotti».