ToDays, cos’è oggi un festival?

Prima delle vacanze un’intervista al direttore artistico Gianluca Gozzi. A fine agosto sul palco M83, John Carpenter, Jesus & Mary Chain e tanto altro

Che cosa permette di apprezzare al meglio la musica, una impeccabile conoscenza tecnica, o il proprio e “semplice” gusto? Da quando ho cominciato a curare questa rubrica ho sempre creduto che la cosa migliore fosse darsi delle occasioni per ascoltare musica, possibilmente e sempre di più (perchè come spesso accade poi l'appetito vien mangiando) senza precludere alcun genere o alcuna dimensione sonora. Nell'educazione musicale di chi scrive una grossa importanza l'hanno avuta, oltre alle cassette prima e ai cd poi, i concerti. Misurarsi con un live è un'esperienza totalizzante, pervasiva, completamente diversa da quella fatta stando in casa, davanti allo stereo o a piedi nelle orecchie. Un festival poi è qualcosa ancora in più del singolo concerto, ci si confronta con uno spazio, con un pubblico e con un'offerta ben più ampia, che spesso e volentieri – anche da appassionati – non se ne conosce per intero i dettagli. Il festival proprio per questi elementi è qualcosa in più che andrebbe tutelato, conservato e che necessiterebbe di godere di un'enfasi e un'attenzione ben maggiore rispetto a quella che hanno in Italia, a differenza di tutto il resto d'Europa. Queste sono alcune delle ragioni che durante tutta l'estate si è cercato di dare un po' di spazio a questo tipo di eventi e questa la ragione per cui prima delle vacanze si anticipa con l'intervista Gianluca Gozzi, il direttore artistico di una delle manifestazioni che meglio rappresentano il senso e la parola di festival musicale, oggi, sul nostro territorio. A fine agosto la Barriera di Milano di Torino si animerà, dopo il successo della prima edizione, nel ToDays festival; la sensazione avuta è che in un festival come questo la parola arte sia ancora di casa.

Gianluca, quali sono le ragioni per cui un ragazzo dovrebbe frequentare un festival come il ToDays?

Beh, intanto bisognerebbe capire chi è il “giovane” ai giorni d'oggi. In questo risiede il senso del festival: un curioso...e questa è la ragione per cui può interessare un evento come il ToDays, un festival che cerca di andare oltre l'ovvietà, che va alla ricerca di qualcosa che sia credibile, robe nuove, strane, forti, non necessariamente rassicuranti, ma roba che fa bene e che tocchi una varietà di attitudini e musiche trasversali che difficilmente si potrebbero vedere tutte insieme, provando ambiziosamente a narrare cosa succede oggi, nell'arte e più in particolare nella musica attuale. Non solo un semplice festival cittadino di fine estate o una sequenza di eventi, ma un ambiente divertente dove incontrarsi e dove incontrare altre persone, immergendosi in un'atmosfera unica, non solo musicale, fuori dai giri normalmente battuti.
La seconda ragione è perchè ci si diverte. Può sembrare ovvio forse, ma basti pensare che più di 15.000 italiani in estate partecipano a festival stranieri, e lo fanno perché sono eventi dove divertimento, vivibilità e qualità assicurano la riuscita, immergendosi per tre giorni interi in un'atmosfera unica al di là dei “generi” e “stili”, dove il pubblico è partecipe e protagonista, anzichè un semplice consumatore di un evento preconfezionato. Insomma un “vero” festival, qualcosa di non omologato, dove scambiarsi esperienze, dove respirare aria nuova, dove non ci sia la sensazione di essere in un luogo chiuso ad ascoltare gruppi chiusi che si alternano su un palco secondo lo schema artista-cambio palco-altro artista.

Le cose che secondo te sono imperdibili dell'edizione 2016?

Quando penso al festival spero che il pubblico si lasci incuriosire e stupire da ciò che non conosce (ancora), e che dopo aver scoperto possa fieramente pensare “fortuna che non me lo sono perso!”, L'Italia non è un paese da festival, ma più rassegne spacciate per festival, perciò quello che dall'inizio abbiamo voluto evitare accadesse è che la gente partecipasse solo in base a uno o due nomi scelti in line up, anziché immergersi pienamente nel vivere tre intere giornate di tante cose, musicali ma anche non musicali, all’insegna dell’arte e del divertimento, così che tornando a casa uno non pensi solamente “sono andato a vedere il concerto di John Carpenter piuttosto che M83”, ma piuttosto “sono andato al festival Todays”.
Per questo motivo ancor prima che scegliere un artista per noi è importante l'idea di festival in quanto tale. Ovviamente è bello avere uno o più artisti significativi in cartellone, ma il focus deve rimanere sempre sul festival, prima viene l'evento e poi gli artisti in esso inclusi. Ci dev'essere un filo conduttore che lo spettatore possa riconoscere e, magari, i esso riconoscersi.

Il tema quindi è?
ToDays racconta il presente; anziché riproporre schemi preesistenti creando un surrogato del passato e replicando in maniera inevitabilmente più sbiadita ciò che è stato e non è più, o tentare al contrario di anticipare il futuro che verrà, abbiamo scelto di realizzare la nostra fotografia schietta, sincera e vera del presente, con la convinzione che l’unico istante in cui il futuro può essere deciso è questo istante, perciò anziché “campare” di rendita, abbiamo cercato di costruire qualcosa di diverso e personale che altrimenti non avrebbe avuto diritto di cittadinanza, osando modalità nuove ed eludendo ciò che è convenzione per crearne di nuove ed attuali. Ed il presente di Todays non è solo l'offerta artistica proposta, ma anche ci luoghi del festival.
L'obiettivo è fare di una parte della città, la sua periferia Nord, lo scenario unico del festival, un palcoscenico urbano fatto di spazi riconvertiti e costruire attorno l'evento che diviene epicentro valorizzato e valorizzante.

Come si costruisce un festival, oggi?

Forse sarebbe più corretto chiedere come si faccia un festival oggi, in Italia dove l'idea di festival c’entra assai poco con ciò che accade nel resto dell'Europa e del mondo e la musica non è un punto di riferimento nella vita della maggior parte delle persone come invece è successo in altre epoche.
In Italia la maggior parte del (risicato) mercato discografico è in mano a pochissimi artisti nazionalpopolari molto forti, che difficilmente riuscirebbero ad essere accostati ad altri nomi stranieri nella costruzione di un festival internazionale.
Quando crei un evento come un festival ci sono tre modi per farlo: 1, fare quello che mi piace; 2, qualcosa che generi tensioni artistiche e sociali; 3, faccio quello che funziona. Il terzo non ci interessa molto e non è mai stata comunque la nostra priorità. I primi due sì. In Italia si cerca di mettere insieme il 2 ed il 3, arrivando però quasi sempre in ritardo su entrambi e quindi alla fine ci si riduce a fare quello che ci piace o che è semplicemente disponibile in quel periodo dell'anno e che possiamo permetterci di pagare, spacciandosi per chi sta facendo qualcosa che invece delinea una tensione creativa. Capita così che spesso quello che viene ostentato come cultura, in realtà è solo intrattenimento. Non è così semplice far combaciare ciò che si vorrebbe fare con quello che in realtà si riesce a fare, ma credo che anzichè recriminare su ciò che non c'è, o non c'è più, sia fondamentale capire cosa manca e avere il coraggio di farlo, poichè diversamente la musica in questo paese sarebbe diversa, in peggio, da com'è.

Qual'è l'elemento che permette di coniugare e declinare musica con cultura

In Italia capita spesso che quello che viene ostentato come cultura, in realtà è solo intrattenimento, il che non è neppure sbagliato, ma assomiglia più a quelle sagre paesane e all'animazione da villaggio turistico dove non si rischia niente, non si sposta niente, non si incide niente. Successo assicurato e tutti felici. Rimaniamo il Paese dei “concertini” dove la musica pop non viene percepita come un valore culturale e questo fa sì che le difficoltà siano inevitabilmente moltissime e spesso è facile demoralizzarsi scontrandosi contro un Sistema culturale che arriva troppo tardi a comprendere quello che succede nel momento in cui sta succedendo, compromesso in un sistema vizioso dell’apparire anziché essere, del vincere facile stile gratta e vinci.
Ci sono luoghi molto belli, persone capaci e sufficientemente visionarie, quel che serve è non aver paura del presente e attivare modalità differenti che costituiscano dei vantaggi e non dei limiti, pensare a un festival e ai suoi luoghi come un'opportunità e non un problema. A me non interessa creare un evento monotematico e settario per pochi snob, bensì qualcosa di partecipato, accogliente e popolare nel senso più “inclusivo” e esteso e più pubblici.

E dire che da più parti l'idea di un festival come ToDays è stata tacciata di snobismo e per essere un contenitore che non porta gente...

In verità la prima edizione di ToDays ha superato le nostre aspettative, ha riunito migliaia di giovani provenienti da ovunque d'Italia in un luogo fuori dal perimetro preconfezionato della “movida”, l'ultimo weekend di agosto e soprattutto in un festival “vero” in un’area cittadina periferica in passato troppo spesso abbandonata all’incuria,
Abbiamo collezionato sold-out reali in tutti gli eventi, pur non essendo eventi nazionalpopolari o “facili” e, seppur neonato, il festival è stato premiato e riconosciuto tra i migliori festival italiani, citato anche dal NewYork Times e The Guardian. A Torino si è poi passati da un'idea di festival gratuito, nel salotto aulico della città, con artisti commerciali ad un festival come ToDays che guarda al panorama della musica indipendente, in una zona periferica della città come Barriera di Milano e per di più con un biglietto a pagamento.
In questo senso TODAYS è un festival “europeo” alimentato dalla temerarietà e dalla passione, dove qualità e novità si fondono scommettendo sul fatto che la gente abbia curiosità e apertura mentale maggiore di quello che a volte noi pensiamo. Numeri a parte a qualcuno cambierà la vita, mentre qualcun altro rimarrà indifferente, come tutte le cose della vita.

Ma perchè secondo te i ragazzi che sono nella fascia di età tra i 18 e i 25 anni non sono più lo zoccolo duro di eventi come questi?

Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un cambiamento nei gusti e nei consumi culturali-musicali del nostro Paese ed è cambiato il modo di frequentare, ascoltare e fruire la musica. Siamo passati dalla discografia alla “socialgrafia” e il “concerto tradizionale” non è più l'elemento prioritario nella filiera musicale. Grazie alla diffusione social-web della discografia i ragazzi più giovani si avvicinano alla musica attraverso i social, youtube, spotify ancor prima che i concerti a pagamento, ma il fatto che artisti italiani con Calcutta e I Cani, piuttosto che Motta o Iosonouncane riescano a scalare le classifiche rivela, secondo me, che un modo diverso di produrre-suonare-spingere la musica di qualità in Italia è finalmente possibile e può incidere in maniera rapida e virale sul gusto musicale dei pubblico più giovane (e non solo) che va oltre i "grandi successi" imposti dai network radiofonici e televisivi tradizionali.
Il fatto che poi questi artisti italiani siano capaci di raccontare con le giuste parole e le giuste melodie, storie universali, generazionali e autentiche, descrivendo la contemporaneità e rendendo condivisibile il proprio vissuto emozionale fa sì che essi siano credibili anche live e il pubblico più giovane li segua creando una fanbase solida e costante che oggi riempe (finalmente) i locali e i festival.
In Italia si tende a pensare che tutti hanno talento e per questo tutti hanno diritto di suonare.. vero! ma non tutti necessariamente su un palco. Quello che è utile alla musica in Italia è il coraggio di scegliere e proporre buona musica senza piegarsi a logiche troppo commerciali di musica alla saccarina, il pubblico non è più lo spettatore passivo che va ad un festival, vede un gruppo, cambio palco, gruppo successivo; il pubblico deve sentirsi parte dell'evento e così è in grado di riconoscere e seguire chi ha talento.

Un elemento è farli spostare?

A me interessa concentrarmi sul vivere a pieno gli stati emotivi dell'uomo contemporaneo. I luoghi scelti, la contemporaneità, il museo, il parco in questo modo passano dall'essere corpo al dare corpo alle numerose e diverse emozioni condivise: all'ex fabbrica Incet si passerà dal sentimento della “paura”, caratteristico della musica di John Carpenter, alla gioia e al divertimento del melting pot stilistico de I Cani o Soulwax. Il pubblico diviene così protagonista di uno stato emotivo collettivo e condiviso.

Quali sono i festival italiani estivi che consiglieresti oltre al tuo?

Non sono molti quelli che definisco veri e propri Festival in Italia, perchè sono più rassegne che si sviluppano su un arco temporale più dilatato: mi piace assai il Siren di Vasto, perchè è l'esempio visionario perfetto della fusione tra lo scenario naturale che diviene palcoscenico a cielo aperto e il crocevia di suoni che in esso si diffondono, così come accade anche a Yspigrock nel Sud Italia. In Piemonte ci sono numerose realtà, ma spesso faticano ad emergere a livello nazionale. Al di là dei gusti artistici personali, Collisioni a Barolo ha un'idea propria caratteristica molto ben dettagliata dove la musica si mixa all'enogastronomia e alle eccellenze del territorio, intercettando e coinvolgendo un pubblico trasversale. È impensabile in Italia raggiungere i numeri dei veri festival europei come il Primavera o lo Sziget che sono in grado di attirare i metà del pubblico che vi partecipa, da altre nazioni.

Quanto margine di crescita ha ancora ToDays?

Torino è una città che ha in sé una potenzialità di crescita molto più elevata rispetto ad altre città similari, ma contemporaneamente è ancora una città ostica, dove è più faticoso che altrove riconoscere ed affermare un fenomeno nel momento in cui esso si sta sviluppando, così spesso le potenzialità rimangono inespresse, perdendosi nell’oblio prima che le cose abbiano il tempo e il modo di imporsi. Per questo è fondamentale quando pensi a un festival aver ben chiari gli obiettivi raggiungibili e non rischiare di avere aspettative più elevate di quanto possa accadere, poiché verrebbero deluse e non potrebbero aver luogo.
Non vogliamo diventare il Coachella italiano, mi piace pensare a TODAYS come un festival a misura d'uomo, un festival che si rivela sui visi e nei sorrisi delle persone, dove la qualità e la ricerca rimangono elementi prioritari . Lo scorso anno molta gente riprese la grafica del festival nel proprio abbigliamento sentendosi parte di questa collettività.
Rispetto alla prima edizione abbiamo raddoppiato il numero dei palchi.e anziché “campare” di rendita abbiamo cercato di costruire qualcosa di ancora più vario e personale osando modalità nuove ed eludendo ciò che è convenzione per crearne di nuove ed attuali, perchè talvolta è proprio la mancanza di coraggio nell'investire sul cambiamento ciò che limita il rinnovamento.
Insomma è un po’ come nella boxe: la nostra ambizione è poter crescere al nostro meglio nella categoria in cui giochiamo, piuttosto che decrescere in quella dei pesi massimi.

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