“Quarantena di ricordi”, vince il racconto di Gaia Cotella: “Yo-yo”

Il racconto che trovate pubblicato qui, “Yo yo”, è stato scritto da Gaia Cotella: fariglianese, 19 anni, ha concluso lo scorso giugno la V Ragioneria del “Baruffi”. È lei la vincitrice del concorso letterario “Quarantena di ricordi”, bandito dal Circolo delle Idee dei giovani di Mondovì in primavera. Il concorso era aperto a scrittori dai 15 ai 34 anni, e hanno partecipato in 10 (oltre alla vincitrice: Gherard Alite, Angela Petrini, Chiara Croci, Francesca Ghiglia, Giorgia Paolino, Jacopo Manfreddi, Lucia Imarisio, Tania Troia e Michela Basso). In accordo col Circolo, il nostro settimanale (che faceva parte della giuria), pubblica questa settimana il racconto vincitore e pubblicherà sul prossimo numero il racconto di Lucia Imarisio che ha ricevuto una menzione speciale. L’elaborato della Cotella, a nostro avviso, centra in pieno il tema del concorso “Quarantena di ricordi”. È delicato, riflessivo e per nulla stucchevole. Attraverso un simbolo semplice ma non banale, quello dello yo-yo (giocattolo che ruota su sé stesso e che ha bisogno di movimento per il suo “saliscendi”), rappresenta perfettamente la situazione che si stava attraversando allora e che forse stiamo per attraversare nuovamente. La frase «Altrimenti lo yo-yo si fermerà ancora, e farlo ripartire sarà sempre più difficile, se non impossibile», letta oggi (anche se a soli sei mesi di distanza) fa parecchio riflettere.
m.t.

 

YO-YO

di Gaia Cotella

Lo yo-yo è bloccato, non può risalire. Una bimba osserva il rocchetto sospeso che ondeggia nel vuoto; come mai si è fermato: poco prima scendeva e saliva nel suo moto perpetuo, ubbidiente al comando; ora penzola e ciondola impiccato al suo cappio. Ci sono dei fiori attorno alla bimba, ogni fiore è un pensiero, un perché, un chissà: chissà se il suo bellissimo yo-yo dai tanti colori tornerà al suo saliscendi normale.
Ricordi, rimpianti, bei souvenir o tristi lezioni di vita tatuati per sempre, quando sembra che niente scorra più come prima; è come quando si giunge all’ultimo capitolo di un libro e ci si chiede se e come la storia continuerà, o potrebbe proseguire.
Chissà in che modo lo scrittore della vita, un Dio per chi lo prega, o la sorte per i fatalisti, ha deciso di continuare la nostra storia; o, forse, i personaggi non devono cercare alcun autore, perché sono liberi di scrivere storie belle o atroci, di lasciare eredità preziose o un pugno di mosche, di dipingere quadri floreali o nature morte, di amare o farsi la guerra. Possono lagnarsi per la frenesia perduta o fermarsi a riflettere. La bambina guarda triste il suo yo-yo, rimugina, fruga tra i suoi pensieri e cerca con cura qualcosa di buono. La vita sarà diversa, almeno all’inizio ma, in fondo, ci si può abituare ad ogni tipo di cambiamento, più o meno drastico. Ci si può adattare a salutarsi, a chiacchierare, a discutere, a volersi bene anche se da lontano, l’importante è mantenersi saldi agli affetti più cari, apprezzarli di più, leggere, continuare a studiare, ad aver cura di sé stessi, non rinunciare ai sogni ed alle speranze, progettare o fare qualcosa di nuovo, magari scoprendo in sé stessi talenti nascosti. Ed un altro pensiero è che, forse, la quarantena qualche opportunità ce la offre, come la consapevolezza di quanto la vita possa scivolare via velocemente dalle nostre mani. La vita stessa è ciò che mai dev’essere dato per scontato, ed è questo il miglior insegnamento che dobbiamo imparare bene e a memoria. Inoltre il lockdown induce a riflettere su tante altre cose che abbiamo sempre considerato certezze ormai consolidate, ma che tanto sicure non lo sono più. Come la libertà di lavorare, studiare, curarsi, vivere con dignità ed in sicurezza, passeggiare, correre, poter incontrare i propri amici, viaggiare, scoprire nuovi posti, incontrare nuove persone. Non basta più una carta costituzionale a garanzia dei diritti naturali degli uomini, anzi basta una puntina con la corona in testa per mandare tutto all’aria e costringerci a rivendicare e rimpiangere ciò che ci spetta. E allora bisogna preoccuparsi davvero e farsi anche qualche domanda sulle nostre responsabilità, ad esempio, su come abbiamo trattato la Natura, su come ci siamo occupati della splendida casa in cui viviamo, se con rispetto o cinismo. Di sicuro, abbiamo commesso molti errori nei confronti del nostro Pianeta che, probabilmente, sta tirando un respiro di sollievo grazie a questa pausa forzata delle attività umane, e magari riesce a curarsi qualche ferita. Speriamo solo che gli uomini ricordino, mantengano sempre la memoria degli sbagli commessi, delle pagine nere della loro storia, e sappiano trarne insegnamenti e valori. Altrimenti lo yo-yo si fermerà ancora, e farlo ripartire sarà sempre più difficile, se non impossibile. E chissà quale sarà il primo ricordo a venir fuori quando, tra dieci o magari vent’anni, andremo a ripescare le sensazioni e gli accadimenti di questi giorni. Forse, speriamo, saranno le note stonate di “Azzurro” cantata a squarciagola dalle finestre; la solidarietà, che sta inducendo ognuno di noi ad abbandonare un po’ di egoismo per aiutare, per come possibile, chi è in difficoltà. Riaffioreranno anche i ricordi tristi: la paura, che tutti stiamo provando, chi più, chi meno; l’incertezza, l’ansia di un futuro denso di perplessità…
Lentamente svaniscono gli ultimi istanti di quando ho giocato col mio ultimo yo-yo. La bambina che saltellava nel prato è cresciuta: è una ragazza che sta vivendo precocemente un storia difficile, che deve decidere il suo avvenire in un momento di estrema insicurezza, che cammina su di un terreno sdrucciolevole che fa perdere l’equilibrio, ma che spera di diventare una mamma impegnata e meravigliosa. E, poi, anche una bella nonna, di quelle moderne, truccate con gusto ed attente alla linea, che vanno alle mostre o partecipano alle iniziative culturali della città; svernerà al mare, continuerà a divorare libri come sempre, andrà sempre alla ricerca del sole e delle conchiglie.
E raccogliendo conchiglie, nuovi pensieri destinati anch’essi a diventare nuovi ricordi da lasciare a qualcuno, cui raccomanderà, tra mille altre cose, di vivere giorno per giorno cercando, nel proprio piccolo, di fare la differenza, perché come scrive Hemingway “Oggi non è che un giorno qualunque di tutti i giorni che verranno, ma ciò che farai in tutti i giorni che verranno dipende da quello che farai oggi”.

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