È complicato fare chiarezza su quanto è avvenuto ieri sera, venerdì 28 aprile, in Consiglio comunale a Mondovì, sul tema della "nuova moschea" di via Trieste. È complicato perché riguarda un argomento molto delicato, che tocca tre temi: le leggi urbanistiche, la legge sulle Associazioni del terzo settore e la libertà di culto. Prima di tutto: cosa è avvenuto in via Trieste?
In via Trieste ha aperto una nuova moschea? "Sì e no". Qualche mese fa, l'Associazione Comunità dei Mussulmani di Mondovì ha presentato un'istanza al Comune per iniziare i lavori in un locale di via Trieste, una traversa di via Langhe che porta verso l'area artigianale. A marzo, la Comunità scriveva al Comune che «sono iniziati i preparativi per predisporre i locali per attività religiose e culturali eccezionali al fine di evitare disagi e sovraffollamenti che si sono recentemente verificati nella sede di via Cuneo». Dove sta il punto? Il fatto è che, formalmente, né i locali di via Cuneo né quelli di via Trieste sono "moschee". Sono, formalmente, sedi dell'Associazione culturale che vengono utilizzati per svolgere attività di vario tipo. Tra cui, in effetti, anche attività di tipo religioso.
Lo stesso presidente dell'Associazione Comunità dei Mussulmani di Mondovì, Mohamed Bouzerda, ci conferma: «Utilizziamo quei locali anche per fare la preghiera, riti e cerimonie: matrimoni, conversioni. E poi per attività culturali: scuola di italiano o di arabo, conferenze, riunioni». I lavori interni sono stati sospesi per alcune irregolarità edilizie, poi sanate con la presentazione di una CILA (Comunicazione inizio lavori asservita) che riporta una lunghissima serie di utilizzi - molti fra quelli del "terzo settore". Nell'elenco non si fa esplicito riferimento all'uso per riti o preghiere (si parla genericamente di utilizzo per attività culturali, sociali, formative, ricreative o educative, con un riferimento a «organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso»). Il centro culturale è aperto e, per fare un esempio, la preghiera di fine ramadan si è svolta proprio in quei locali.
Il sindaco Luca Robaldo, nel rispondere a un'interrogazione presentata dal Centrodestra - LEGGI QUI -, ha affermato: «A noi non hanno comunicato l'apertura di una "moschea", ma di quello che è stato letto poco fa». Eppure, come detto, quel locale è trasparentemente utilizzato per momenti di preghiera.
E ancora, sempre il sindaco: «Sotto il profilo della destinazione urbanistica, il piano regolatore non ammetterebbe un insediamento di tale tipo in quella zona. Tuttavia, l'Associazione è iscritta al terzo settore come "Associazione di promozione sociale". E la Regione Piemonte afferma che queste Associazioni possono insediarsi in zone artigianali in virtù proprio della cosiddetta "Legge del terzo settore", che dice che le loro sedi e i locali sono compatibili "con tutte le destinazioni d'uso previste dal Ministero, indipendentemente dalla destinazione urbanistica". Quindi la loro sede può stare in quella zona». Il consigliere della Lega, Mauro Gasco: «L'interrogazione era a tema urbanistico: non siamo contrari all'apertura di un luogo di culto, ma chi propone un'iniziativa del genere deve seguire le regole».