ToDays Festival 2018, la terza giornata è quella dello “stupore”

Sontuoso live degli Editors che chiude la quarta edizione del festival torinese. MYSS KETA il nuovo fenomeno, tra forma e sostanza, della musica italiana

Se per la giornata di sabato il termine che poteva essere declinato per descrivere il ToDays era “emozioni”, per il giorno conclusivo del Festival torinese di Barriera di Milano la parola più appropriata potrebbe essere “stupore”. I gesti stupiscono, la nostra è una società in cui la forma spesso si sostituisce o per lo meno smussa, ritocca i contorni alla sostanza, ed ecco perchè il primo artista della giornata a catturare l'attenzione è quello della rapper Myss Keta, fenomeno che negli ultimi mesi è uscito allo scoperto dopo aver circolato nei canali più limitati degli amanti del genere con un discreto successo che – ci si immagina – non potere che aumentare vista la presa sul pubblico (soprattutto dei più giovani) al Parco Peccei e della modalità, figlia del nostro tempo, con cui viene veicolato il messaggio; un messaggio che andrebbe approfondito perchè assai più complesso di quanto risulta in apparenza al semplice ascolto dei brani o alla visione del suo set.

Diverso, meno complicato, ma non per questo più facile, il lavoro di Generic Animal che ha aperto invece i live sul main stage e che mette insieme una serie di stili, rap, cantautorato, pop e soul; un percorso che per quanto promettente si rivela assai ricco di ostacoli visto l'intasamento che si sta generando attorno a queste forme ibride di comunicazione musicale, che si basano sul rap e in cui l'imperativo “distinguersi” sta alla base di ogni lavoro. Allo stesso modo si potrebbe raccontare il percorso di Maria Antonietta, una giovane cantautrice obbligata a fare i conti con un periodo di stanca e di scarsa considerazione nel genere, nonostante delle ottime qualità alla base e nonostante una salute che perdura da un po' di tempo e che pare abbia ancora lasciato strascichi nell'artista marchigiana non ancora al top. Il set nonostante tutto è stato assai piacevole perchè Maria Antonietta negli anni è cresciuta ed ha lavorato nel rendere più varia l'offerta sonora dei propri brani: non solo un tappeto di chitarra elettrica e fare da contraltare ad una voce, ancorché graffiante, delicata, ma un pop molto più elaborato e creato grazie anche ad una band di assoluto rispetto.

La curiosità, e lo stupore della serata però era tutta per i due artisti principali.

Ariel Pink è un animale da palco, un artista americano fatto e finito, assai eclettico e poliedrico, sia per la modalità con cui si è presentato con la band sul main stage, sia per come è stato gestito il live e la scaletta: un allegro spaziare tra i toni del rock più evocativo e classico degli anni '70 a delle sfuriate degne delle migliori band punk. Solo dagli states, possono arrivare personaggi simili.

Infine gli Editors che hanno concluso il Festival con un live a dir poco sontuoso. Lo stupore in questo caso però è duplice e declinabile su altrettanti filoni. Alla band non rimangono ora che gli stadi perchè la trasformazione da band del panorama indie-rock in ascesa a band internazionale del rock “main stream” è compiuta: ci sono voluti comunque parecchi anni (da the Black Room sono trascorsi comunque 13 anni e ben 6 full lenght) e anche nel live, nonostante la capacità di Tom Smith di tenere il palco e di trasferire ad un pubblico eternamente in festa e movimento per buona parte della serata, la fase che più ha convinto è stata la seconda in cui ad alcuni brani dell'ultimo album – chiusura lasciata a Magazine – sono stati intervallate anche canzoni più datate (Racing Rats, Munich e Papillon su tutte).

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