«Ho sentito un grido venire da là sotto: così abbiamo trovato Federico»

"Ho un po' di fame, avete dei biscotti?". E' stata la prima frase che Federico ha detto a quegli uomini che lo stavano cercando, senza sosta, da 48 ore. 

«Ho un po' di fame, avete dei biscotti?». E' stata la prima domanda che Federico ha posto a quegli uomini che lo stavano cercando, senza sosta, da 48 ore. Stava bene, diceva di aver fame. Era a due chilometri e mezzo dal centro di Carrù, in una riva che sta lungo un fossato ed era seduto su un mucchio di legna, senza giubbotto e col suo zainetto. Lo hanno trovato un volontario della Protezione civile di Cuneo e un alpino del Reggimento Artiglieri, lì a poche decine di metri da quella casa bianca a cui si era riferito nella telefonata al padre il giorno prima. «Vedo una casa e un cancello. Sento dei cani che abbaiano».

C'erano davvero, la casa e i cani: lì in località Pià, al confine fra Piozzo e Carrù, praticamente a cento metri dai capannoni della SAIT. Si chiude così una vicenda che ha tenuto tutta la Langa col fiato sospeso per due lunghissimi giorni. Federico Tagliaretti, 16 anni di Vercelli, è stato ritrovato poco dopo le 15 di sabato 13 dicembre. Si è trattato, ormai è evidente, di un allontanamento volontario.

Il luogo dove è stato trovato:

Due chilometri e mezzo dal paese, dalla piazza del Bue grasso dove era sparito giovedì mattina. Non si è mai mosso, dice, da quella riva lungo il fosso. Dopo 48 ore di ricerche è arrivata la svolta grazie alla geolocalizzazione telefonica: il segnale del cellulare di Federico (sempre spento dopo l'ultima telefonata) è stato circoscritto a un'area facilmente identificabile, più limitata di quella che era stata trovata in precedenza. E così sono accorsi in tanti: volontari, militari, vigili del fuoco, le unità cinofile. Uno di questi volontari si chiama Silvano Vajente e in quei minuti stava battendo un angolo di boscaglia qualsiasi neppure tanto lontano dalla provinciale verso Piozzo. Con lui c'era il caporal maggiore Luigi Annunziata, del Reggimento artiglieri di Fossano. E succede così: «A un tratto ho sentito un grido: ehi, sono qua! - racconta Vajente - Ho alzato gli occhi guardando dall'altra parte del fosso... e ho visto quel ragazzo, seduto su un mucchio di legna. Non mi sembrava vero. Ho urlato: Federico, sei tu? Mi ha risposto di sì». In un attimo tutto il mondo gira attorno a quella riva: le squadre accorrono, tutti convergono e lo raggiungono. 

Il padre arriva sul posto:

Il padre del 16enne è stato chiamato all'istante. Quando arriva piange, abbraccia il figlio e ringrazia tutti: «Mi avete restituito mio figlio, grazie, siete stati meravigliosi - dice senza riuscire a smettere di piangere - avete fatto un lavoro eccezionale, grazie, grazie». Il ragazzo sta bene, non aveva neppure i segni del freddo incredibile che deve aver patito per due notti. «Gli ho chiesto se aveva fame - dice il caporal maggiore Annunziata -, mi ha detto: sì, vorrei dei biscotti». Proprio davanti al fosso c'è una casa (quella a cui lui si riferiva nelle telefonate, pare) e lì viene accolto subito, mentre sul posto arriva l'ambulanza, e rifocillato. Giunge anche il sindaco, Stefania Ieriti, commossa: «E' finito un incubo, rivediamo il sole dopo tre giorni», dice.

L'arrivo dell'ambulanza e il ricovero del ragazzo (foto Antonio Alfieri)

La casa è abitata da una donna vedova. Ai militari ha detto che aveva sentito i cani abbaiare la notte della sparizione di Federico: altro dettaglio che coincide col racconto del ragazzo. Lui era praticamente là sotto, a qualche decina di metri dall'edificio. Aveva uno zainetto con un salame e delle noccioline: dice che ha comprato da mangiare alla Fiera. Medici e psicologi lo hanno subito aiutato, ed è stato trasportato all'ospedale di Mondovì dal 118.

La fine delle ricerche: il sindaco ringrazia i volontari

«Grazie a tutti, questi giorni non li dimenticheremo mai - dice il sindaco -. Non posso far altro che ringraziare ogni singola persona che ha lavorato qui da giovedì: l'Unità di comando locale dei Vigili del fuoco, i Carabinieri, la Protezione civile, l'Esercito per il pronto intervento».

La macchina dei soccorsi ha funzionato alla perfezione: elicottero, unità cinofile, sommozzatori, psicologi del servizio PxP del Coordinamento provinciale di protezione civile. Perfino il viceprefetto è arrivato a Carrù per lavorare: «C'è una cosa che mi ha colpito - racconta -: in ogni istante, perfino la sera, ho visto i semplici cittadini che raggiungevano le squadre e dicevano: ho finito di lavorare ma ho qualche ora libera, posso dare una mano per le ricerche?». Tutti, proprio tutti, hanno fatto quello che potevano per salvare Federico: cacciatori, trifolao, carrucesi che hanno vissuto il dramma per tre giorni a fianco dei soccorsi.

«L'organizzazione è stata determinante - afferma l'architetto Gian Carlo Paternò,  comandante dei Vigili del fuoco che ha coordinato tutte le operazioni di ricerca -. Grazie alla forza di tutti siamo riusciti a mettere in atto il programma T.A.S., tipografia applicata ai soccorsi: abbiamo agganciato il segnale dell'ultima telefonata e, ora dopo ora, circoscritto l'area. Questa è stata l'arma vincente.  Abbiamo messo in campo tutto, e siamo stati ripagati. L'abbiamo trovato».

Resta una domanda: perché lo ha fatto? Perché Federico ha voluto andarsene, scappare, dare indizi così vaghi per farsi trovare? Si è detto che è un ragazzo "con problemi": ma la professoressa Ticozzi, coordinatrice dei corsi dell'Istituto Agrario frequentato da Federico, nega tutto. «E' solo un adolescente - dice -, con le stesse paure e le stesse difficoltà di tutti gli adolescenti. Non è un ragazzo affetto da problematiche particolari, non ha difficoltà di apprendimento. Perché lo ha fatto? Lo sa solo lui».

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