Ex-Acna: sindaci della ValBormida in Parlamento

La scorsa settimana un altro passo in avanti per il riconoscimento del danno ambientale. 

La scorsa settimana è stato fatto un altro significativo passo in avanti nell’ambito della vicenda che vede i 17 Comuni di prossimità al sito ex-Acna schierati in prima persona con l’obbiettivo del riconoscimento del danno ambientale. Martedì 13 settembre una delegazione dei suddetti Comuni, guidata da Pier Giorgio Giacchino, insieme al sindaco di Saliceto Enrico Pregliasco e con l’assistenza dell’avvocato Nadia Brignone dello studio legale Caratti e Brignone di Cairo, è stata ricevuta in audizione dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul traffico illecito dei rifiuti, presieduta dall’on. Alessandro Bratti.

Di ritorno dalla “missione” romana, i delegati dei Comuni piemontesi hanno così commentato: «Sono molte le contraddizioni che abbiamo addebitato in quella sede ad ENI. Innanzitutto la bonifica, data per completata in sede di audizione fin dal 2012, è stata ammessa come incompleta nel 2015, e lo è tutt’ora. Inoltre ENI svolgeva attività industriale a Cengio dall’inizio degli anni ‘90 con Enimont ed in seguito con Enichem (ora Syndial) e non corrisponde al vero che il sito sia stata un’eredità “imposta”, dato che è stata gestita direttamente fino alla chiusura nel 1999 con la dichiarazione di stato di emergenza socio- ambientale. In contrasto con la definizione di fiore
all’occhiello dato dall’Eni al sito ex-Acna permangono punti di grande criticità, come la procedura di infrazione comunitaria avviata con la quale la Commissione Europea qualificherebbe la zona A1 come discarica e non come semplice messa in sicurezza». Questo concetto è stato ribadito il 6 settembre di questo anno in risposta all’interrogazione presentata dal deputato europeo Alberto Cirio. I delegati proseguono: «Cessata la gestione commissariale nel 2009, è cessato ogni coinvolgimento e informazione al territorio sul quale pende un cumulo di rifiuti tossici stimato oltre 5 milioni di metri cubi che ne fa il più grande tra quelli conosciuti, circondati da poderose opere di contenimento (spesi ad oggi oltre 450 milioni di euro), ma con una efficacia finale molto dubbia, come dimostrano i riscontri analitici che abbiamo fornito. Abbiamo anche segnalato alla Commissione l’aumento continuo casi di tumore da esposizione alle ammine aromatiche, dati i tempi di incubazione ultratrentennali di queste patologie, riconosciute e indennizzate come “rischio chimico” su richiesta dell’Associazione Lavoratori ACNA (legge 350/2003)». Si tratta evidentemente di molti fronti aperti che pongono i Comuni di prossimità, finora inascoltati, nella condizione di interlocutori diretti di ENI-Syndial sia nel caso di riconoscimento del sito come discarica (l’ecotassa conseguente porterebbe ai Comuni un indennizzo fino a 180 milioni di euro), sia nel caso di ristoro del danno ambientale causato al territorio (il procedimento giudiziario in corso parla di oltre 200 milioni di euro) per il quale i Comuni sono direttamente legittimati a seguito della sentenza della Corte di Cassazione 24677/2015.

A proposito della perdurante incomunicabilità fra le parti, la delegazione ha chiesto alla Commissione di andare oltre la sua stretta funzione inquirente e promuovere un momento dialogante, invitandola anche ad una visita in loco. La richiesta richiama quella rivolta ad ENI dallo stesso presidente Bratti nell’audizione dell’aprile 2015 quando, prendendo atto dell’atteggiamento dialogante sui siti di Porto Torres e Pieve Vergonte e chiedendo se la stessa diponibilità valeva per tutti i siti, fu rassicurato da ENI sul medesimo percorso virtuoso. Dopo aver letto questa manifestazione di volontà, i sindaci rappresentati da Giacchino avevano invitato Eni-Syndial al confronto senza mai ottenere alcuna risposta sostanziale.

Questo ha lasciato molto sconcerto, non solo perché ha disatteso quanto assicurato alla Commissione parlamentare, ma anche per il ruolo di legittimazione attiva dei Comuni ad interloquire nella rimessa in pristino e del risarcimento del danno ambientale. In questa ottica, il commento è quanto mai perentorio: «Se è vero che con il testo unico sull’ambiente del 2006 viene riconosciuta la legittimazione esclusiva dello Stato per quanto riguarda il risarcimento del danno ambientale, è anche vero che si tratta di una legge non retroattiva, che non ha normativa transitoria, quindi vale solo per i danni posteriori al 2006. Invece per i danni anteriori al 2006 (i danni Acna sono tutti anteriori al 2006) permane la legittimazione in capo agli Enti locali, e quindi ai Comuni. Sappiamo che vi è un contenzioso tra il Ministero dell’ambiente e Eni per il risarcimento del danno ambientale, per il quale sono stati chiesti circa 220 milioni di euro. I Comuni hanno inutilmente cercato di interloquire con il Ministero, ma ora non è più parte in causa». Indubbiamente l’audizione segna un balzo in avanti delle rivendicazioni dei Comuni di prossimità al sito di Cengio. Lo confermano la grande attenzione dedicata alla delegazione, le molte domande di approfondimento, la richiesta di inviare tutta la documentazione comprovante le dichiarazioni rilasciate. Un salto di qualità che difficilmente ENI-Syndial potranno ancora ignorare.

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