Ringraziamo il Signore, ancora una volta, per averci convocato a celebrare la “nostra” Pasqua. Dico “nostra”, intendendo soprattutto noi «ministri ordinati»: presbiteri, diaconi e vescovi. Certamente non come riservata ed esclusiva per noi, ma quali servitori della nostra Chiesa monregalese e delle nostre comunità, intese come parrocchie, come unità pastorali, come germi vitali di piccole comunità cristiane e di associazioni, movimenti e aggregazioni ecclesiali. E guardiamo con gratitudine e viva fraternità alle consacrate, ai fratelli e sorelle presenti. Coi cresimandi abbiamo già celebrato ieri. Ci facciamo discepoli della Parola di Dio puntualmente e ripetitivamente annunciata nella santa Liturgia di questa «Missa Crismalis» nel Giovedì Santo 2016. Siamo interpellati e vivificati dal concreto dono dell’anno che stiamo vivendo: anno santo giubilare; anno del Buon Dio Misericordia che ci aiuta e ci abilita ad essere a nostra volta misericordiosi.
Oggi siamo nuovamente chiamati a riconoscere:
il primato del dono nei santi segni che il Signore ci offre;
l’importanza di coltivare e promuovere rapporti “buoni”;
incamminarci con speranza operosa «contro ogni speranza» nel futuro che ci attende e ci è concesso.
Il primato del dono ha sempre come fonte, centro, vertice il Tu Eucaristico. Gesù che rinnova in modo “misterico”, concreto ed efficace, il suo evento di morte e risurrezione per noi, affinché già nella nostra storia, piccola, povera, peccatrice, possiamo vivere esperienze non solo interiori, ma anche con rilevanza relazionale-sociale di risurrezione e trasfigurazione in tante sofferenze e in una pervasiva cultura di morte.
Corona, questa fonte e vertice, la consacrazione dei santi Oli, materia per il Battesimo, per la Confermazione, per l’Unzione degli infermi. Certamente dipendono dalla soggettiva buona partecipazione ai santi segni, viverne l’efficacia meravigliosa e insondabile. Ma riannunciamolo: ci sono dati da Gesù, dal Buon Dio. Sono doni che, nel poterli vedere, toccare, esserne destinatari, ci comunicano le umili e grandi sicurezze. Gesù, per il suo Santo Spirito, ha a cuore le nostre persone, la nostra storia; e attraverso il nostro ministero, da Lui voluto e donato, siamo abilitati a rivelare, donare, quanto fa per tutte le donne e uomini contemporanei.
Inoltre in questa S. Messa siamo chiamati e sorretti nel continuare a cercare, a sforzarci, a vivere in noi e promuovere, nei nostri fratelli e sorelle, rapporti «buoni». Ancora una volta rimane forte e orientante l’interrogativo-rilievo di Gesù, secondo la lettura dell’evangelista Marco, a “quel tale”: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo» (Mc 10,18). La liturgia di oggi e le due ultime encicliche di Papa Francesco ci incoraggiano a vivere quella straordinaria sinergia con Gesù e con il suo Santo Spirito che rende possibile e testimoniabile, ciò che umanamente sarebbe solo utopistico e velleitario.
Il testo dell’Apocalisse, la profezia di Isaia, e il testo del Vangelo proclamato, ci propongono in Gesù: il modello, la straordinaria signoria e fraternità interiormente vivificante, la forza (potenza) trasfigurante il nostro “cuore”, le nostre fragilità, i nostri limiti e peccati. Così è proposto Gesù: «il testimone fedele… A colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre» (Ap 1,5-8). Così opera Gesù, secondo la lettura profetica, riproposta dal Vangelo di Luca: «portare il lieto annuncio ai poveri, e fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà agli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di Misericordia del Signore». E poi: «Per consolare tutti gli afflitti… per dare olio di letizia invece dell’abito da lutto» (Is 61,1-3.6; Lc 4,16-19). Sembra di proclamare il Magnificat e il Benedictus.
È il modo nuovo, “buono” attuabile in ogni nuova generazione. E siamo tutti chiamati a promuovere e a tralasciare, collaborante Gesù in noi, per noi a vantaggio di tutti, un vivere relazionale “buono”. Questa è la rivelazione del Buon Dio nella storia.
Per questa ragione noi presbiteri e diaconi rinnoviamo con coraggio e in verità (non pro forma) le promesse della nostra ordinazione.
Ancora una volta annunciamoci l’espressione cara a Papa Francesco, riproposta in ogni occasione: «non lasciamoci rubare la speranza». Non lasciamoci condizionare dai limiti e dalle carenze metodologiche di chi ci presiede, alludo a me vescovo. Non enfatizziamo le povertà e perfino le peccaminosità (slealtà, aggressività, rancore, sopraffazioni poco fraterne) di chi ci è a fianco o di chi tenta di coinvolgerci in questa cultura disfattista, di morte. Inoltriamoci con fiducia, con “buona attesa”, nel futuro. Riannunciamocelo con fede che spera e che ama: «Io sono l’Alfa e l’Omega, dice il Signore Dio, Colui che è, che era, e che viene, l’Onnipotente» (Ap 1,8) «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete veduta coi vostri occhi» (Lc 4,24). Amen!