Nel terzo segmento si parla di informazione: "L'evoluzione del giornalismo e dell'informazione in tempo di guerra" mette a confronto due generazioni di reporter in prima linea: da una parte Domenico Quirico de "La Stampa", dall'altra Cecilia Sala de "Il Foglio" e Choramedia. Quirico è stato inviato de "La Stampa" sul fronte di diversi conflitti, soprattutto nel continente africano, e per alcuni mesi è stato prigioniero in Siria. Cecilia Sala è collegata in diretta dall'Ucraina Cecilia Sala, una forma nuova di giornalismo e di racconto. Si trova attualmente in Polonia ed è di ritorno in Ucraina dopo diverse settimane in Ucraina. Tra le altre cose la Sala sta realizzando un podcast quotidiano, in cui racconta i fatti di cui è testimone in prima persona.
«Sono stata in Donbass dove la situazione non è tranquilla - spiega Cecilia Sala -. Sono stata nella città su cui l'offensiva russa preme di più. I russi non sono ancora riusciti a conquistarla e ad accerchiarla del tutto. Questo dato fa capire quanto questa guerra sta procedendo a rilento rispetto a quello che ci si aspettava. L'est è, a differenza del resto dell'Ucraina, da otto anni in guerra, ed è stata guerra vera fino al 2015, poi a bassa intensità negli anni successivi. C'è tanta stanchezza, questo è quello che si percepisce di più. La popolazione non è disposta a lasciare le case e si è rassegnata a questa vita trascorsa perennemente nei bunker, facendo una capatina in casa solo per cucinarsi qualcosa. Kiev sembra tornata a una specie di normalità, come Kharkiv».
Ancora Cecilia Sala racconta la percezione della popolazione circa il pericolo dello scoppio della guerra: «Ero stata in Ucraina a fine gennaio e a inizio febbraio, pochi giorni prima dell'invasione. Non ero andata ad est, ma ero rimasta a Kiev, Chernobyl. I filorussi in quella zona non sono molti, anche se la situazione è cambiata molto. Per otto anni la loro posizione si è polarizzata e ci si è resi conto che dal punto di vista pratico ed economico nelle aree dei separatisti si vive molto peggio».
«Temo che gli Ucraini siano entrati nella spirale delle guerre senza fine che affliggono il mondo in questi anni - spiega Domenico Quirico - siamo abituati a guerre che a un certo punto finivano, e si cercava di trovare un equilibrio provvisorio per sospendere le ostilità. I popoli che ho conosciuto io, e temo che gli Ucraini ne facciano parte, non si ricordano più perchè la guerra è cominciata, e non ne trovate due con la stessa testimonianza. La guerra si è persa nella memoria perché è diventata un fatto permanente. Chi vive in queste condizioni non è più nel genere umano, vive in un'altra dimensione, imparando gli accorgimenti antropologici per non morire, giorno dopo giorno. Un bambino di Aleppo vi sapeva spiegare come fare per andare in un punto coperti dagli angoli di tiro in cui il cecchino non poteva colpirvi. Questa è una nuova antropologia. Ad Aleppo c'è gente che in 4-5 anni ha acquisito una sensorialità straordinaria. Sentivano il sibilo di un proiettile da molti metri di distanza».
«Il concetto di crimine di guerra non esiste. La guerra è un crimine in sè, uccidere è benemerito. La guerra è violenta, chi ne ammazza di più è più bravo. Chi nella vita non è nulla in guerra diventa qualcuno, è premiato. I reduci di guerra spesso non riescono a reinserirsi perchè non è più il mondo che conoscevano. La guerra seduce, riduce il mondo a bianco e nero, purezza e impurezza. Purifica il mondo, rendilo migliore uccidendo gli impuri. Questa è la narrazione».
«Si possono fare solo ipotesi su quello che vuole Putin, tuttavia lui ha detto chiaramente più volte quali sono i suoi obiettivi. Vuole che venga riconosciuta la potenza russa, per lui Zelensky è un suddito ribelle. Però gli Stati Uniti non riconosceranno mai questo status di potere, perché vorrebbe dire implicitamente ammettere un proprio indebolimento. Se domani mattina Putin e Biden si incontrassero la guerra potrebbe finire subito. Questo ha promesso Putin ai russi: il riconoscimento del potere della Russia, e questo sta cercando di ottenere»
Il secondo panel investe un tema sottovalutato dall'opinione pubblica, ma sempre più centrale per la difesa in futuro: "La cybersecurity. frontiera dei nuovi conflitti". Il fatto che oggi 12345 sia una delle password più usate in Italia dà la misura in cui non c'è ancora la percezione di quanto sia il peso del pericolo della minaccia informatica.
«Siamo in una cyberwar da prima dell'invasione - dice Stefano Quintarelli, imprenditore informatico ed exdeputato - tutta la nostra vita ha assunto una dimensione digitale, è come se il mondo, questa dimensione fisica che abbiamo abitato da sempre, sia stato avvolto da una dimensione digitale, principale interfaccia utente con il mondo fisico. Ormai è sbagliato parlare di virtuale. Virtuale significa potenziale, questa cosa è immateriale ma molto reale. I vostri soldi sul conto sono reali. Le caratteristiche sono molto diverse dalla fisicità. Per attaccare un luogo devo esserci, attaccare il digitale è possibile da ogni parte del mondo. Non voglio essere allarmista, questa trasformazione è avvenuta nel giro di pochi anni e dobbiamo costruire istituzioni adeguate a questa nuova dimensione».
«Nel mondo digitale è difficile capire come e cosa ci sta attaccando - spiega Yvette Agostini, esperta di sicurezza informatica - in Italia scontiamo un ritardo notevole, sulla preparazione e su questo tipo di problemi. Abbiamo un'agenzia nazionale per la cybersecurity che fino a pochi anni fa non c'era. Pensiamo che in America siano molto più avanti da questo punto di vista. C'è da preoccuparsi, non eccessivamente, ma dobbiamo comunque tutti alzare il livello di attenzione».
«Oggi non ha più senso insegnare elementi base di informatica. Un tempo ho dato il mio contributo per l'introduzione di un patentino informatico, oggi dobbiamo lavorare molto sulla scuola. Una buona fetta di responsabilità è dei dirigenti scolastici nella diffusione di queste informazioni»
«Il conflitto russo - ucraino ha avuto ripercussioni drammatiche: l'anteprima dei Dialoghi Eula non è un caso che sia stata dedicata a Emergency. Questa mattina cercheremo di sviscerare tre tematiche principali: ci sposteremo sugli attacchi informatici e parleremo dell'evoluzione del giornalismo» la presentazione del giornalista Gabriele Gallo.
Introduce la mattinata Michele Pianetta, vicesindaco di Villanova e fondatore della manifestazione. «Ci tengo a dire che questa è la manifestazione che nasce 9 anni orsono con l'Amministrazione Turco ed oggi è un patrimonio di Villanova, una manifestazione del territorio, supportato anche dalla popolazione e dalle attività di Villanova. Oggi i Dialoghi Eula sono anche autosufficienti dal punto di vista finanziario. Questa è la cosa più, bella, i Dialoghi Eula sono nel cuore dei villanovesi, che ci credono».
Dopo i saluti istituzionali di Paolo Bongioanni (Consiglio Regionale del Piemonte), Ezio Raviola (presidente della Fondazione CRC), Giovanni Quaglia (Fondazione CRT), Luca Crosetto (Confartigianato Cuneo), Luca Chiapella (vicepresidente Camera di Commercio di Cuneo) può iniziare il panel "Il futuro delle relazioni internazionali tra difesa e politica estera".
L'introduzione è affidata al direttore scientifico della rassegna Fulvio Bersanetti.
«Affrontiamo un tema epocale, faremo del nostro meglio - introduce Beniamino Pagliaro, moderatore del tavolo - ci concentreremo soprattutto sul metodo con cui condurre questa crisi. Ieri la Russia ha manifestato un'inedita apertura al dialogo, come giudica Di Stefano queste novità?».
«Sono molto cauto quando vedo o sento parlare di aperture. Ne abbiamo viste diverse, in queste cento giorni, ma in realtà poche volte c'era concretezza. Voler davvero parlare significa prima di tutto far cessare le armi. Certamente non c'è l'intento in questo momento di interrompere il conflitto - l'analisi di Manlio di Stefano, sottosegretario agli esteri - il conflitto si sta cristallizzando a bassa frequenza, ma al momento non si è interrotto».
«Qual è stata questa apertura della Russia al dialogo? - chiede forse anche un po'ironicamente Nona Mikhelidze - il dibattito che si fa in Italia spesso si polarizza nel tifo: chi vuole la pace acriticamente e chi invece vuole la pace ma non a qualsiasi condizione e spesso viene descritto come un guerrafondaio. L'analista non deve prendere posizione, ma capire la situazione e verificare se è possibile avviare il negoziato. L'apertura della Russia per me in questo momento serve a prendere tempo. Ieri sera l'Ucraina ha quasi concluso la controffensiva vicino a Kharkiv, quindi tutti gli sforzi si concentreranno sul Donbass. Quella del Donbass è una questione delicata, ci sono accenni di un compromesso da parte dell'Ucraina. Il territorio conteso non era tutto il Donbass, ma solo una zona di questo. Il primo motivo per cui il dialogo è difficile da immaginare è che le forze armate russe sono andate ben oltre rispetto alla situazione del 24 febbraio. Inoltre è stata avviata la politica dell'occupazione, è stato introdotto il rublo come valuta locale. Difficile immaginare che la Russia durante i negoziati faccia un passo indietro. I negoziati vengono ostacolati dalle tante voci che si pronunciano nell'establishment russo creando confusione. Su alcune interviste c'è chi dice che l'obiettivo è togliere all'Ucraina l'accesso al mare di Azov (creando un corridoio con la Crimea), c'è chi parla di esclusione anche dal Mar Nero. La Russia ha problemi logistici e di approvvigionamento. In questo momento stanno prendendo tempo per una nuova offensiva sul Donbass, che secondo me arriverà entro 10 giorni».
«Non ho la sfera di cristallo - dice Matteo Gerlini - lo scenario di adesione della Finlandia e della Svezia alla Nato sono due casi diversi. La neutralità della Finlandia è stata imposta, quella della Svezia è parte del carattere nazionale. La situazione qui è diversa, stiamo parlando dell'accesso al mar Nero, il panorama non è ancora quello dell'avvio dei negoziati. L'allargamento è conseguenza di una scelta scellerata da parte russa. Non penso che Finlandia e Svezia si sarebbero mosse senza l'invasione dell'Ucraina. La richiesta di adesione alla Nato in questo quadro non può essere rigettata per motivi di ordine interno».
«L'obiettivo è aumentare il potenziale difensivo dell'Europa in modo da poter avere un'alternativa alla Nato e poter avere una più autonoma interpretazione e gestione delle crisi internazionale - illustra ancora Di Stefano - è una scommessa importante per il futuro. Finora abbiamo sostanzialmente affidato la nostra difesa alla Nato, ma questo ha avuto l'effetto di diminuire il peso dell'Europa in chiave internazionale».
«In Europa non c'è la percezione che negli ultimi anni sono entrati molti paesi provenienti dall'est Europa che non hanno mai smesso di percepire la Russia come un pericolo - spiega ancora Mikhelidze - in realtà l'Europa è divisa su questo. Ad est gli Stati Uniti sono ancora visti come partner strategico per la sicurezza. Anche per questo è difficile parlare dell'Europa come un ente comune. Dobbiamo decidere cosa vogliamo davvero essere».
«La comunità europea a livello difensivo ha fallito, per colpa degli stessi stati europei - l'analisi storica di Gerlini - ci basiamo su un militarismo statunitense espansivo, ma dobbiamo anche considerare l'isolazionismo del governo americano. Dobbiamo capire in questa chiave tanti aspetti relativi alle spese militari. Questo nuovo millennio aveva visto un'integrazione economica tra Europa e Stati Uniti interrotto da Trump. Se riprende questo discorso di politica di difesa comune sarebbe senz'altro positivo a prescindere da tutto. Non come alternativa alla Nato, ma in chiave di compatibilità e relazione».
AGGIORNAMENTI IN CORSO
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Sabato 14 maggio a Villanova, nell'antica chiesa di Villavecchia, l'edizione 2022 di "Dialoghi Eula", il festival della buona politica. Il tema dell'anno, "Sotto scacco", non poteva non guardare alla situazione internazionale della guerra Russia-Ucraina.
IL PROGRAMMA
Ore 9.00: saluti istituzionali. Michelangelo Turco, sindaco di Villanova Mondovì
Ore 9.30: Il futuro delle relazioni internazionali tra difesa e politica estera
Introduce: Fulvio Bersanetti, direttore scientifico Dialoghi Eula
Ospiti:
Nona Mikhelidze, responsabile di ricerca presso Istituto Affari Internazionali (IAI)
Matteo Gerlini, coordinatore del comitato scientifico della NATO Defense College Foundation
Manlio Di Stefano, sottosegretario di Stato al Ministero degli Affari Esteri
Modera: Beniamino Pagliaro, fondatore di “Good Morning Italia” e caporedattore de “la
Repubblica Torino”
Ore 10.45: La cybersecurity, frontiera dei nuovi conflitti
Ospiti:
Yvette Agostini, esperta di sicurezza informatica e consulente di cybersecurity nel settore
marittimo
Stefano Quintarelli, imprenditore, informatico, già deputato ed ex presidente di AGAT
Modera: Nicolas Lozito, caporedattore de “La Stampa Art e Visual”
Ore 11.30: L’evoluzione del giornalismo e dell’informazione in tempo di guerra
Introduce: Michele Pianetta, ideatore Dialoghi Eula, vicesindaco di Villanova Mondovì
Ospiti:
Domenico Quirico, giornalista de “La Stampa” e inviato di guerra
Cecilia Sala, giornalista de “Il Foglio” e autrice di podcast per “Chora Media”
Modera: Cesare Martinetti, editorialista “La Stampa”