Sicurezza e terrorismo: la nostra provincia è pronta?

Cuneo è stata da sempre una provincia tranquilla. Possiamo dire lo stesso anche dopo i recenti attentati terroristici di Parigi?

Cuneo è stata da sempre una provincia ispiratrice di fiducia per i propri cittadini. Possiamo dire lo stesso anche dopo i recenti attentati terroristici di Parigi? Ne abbiamo parlato col questore di Cuneo, il dott. Pepè, il capo delle Forze di polizia nella nostra provincia.

Questo è uno stralcio dell'intervista pubblicata su L'Unione Monregalese del 16 marzo. L'articolo fa parte del progetto di Giornalismo in classe che L'Unione conduce con l'Istituto "Baruffi" ed  stata effettuata da quattro studenti della IV B CAT.

Dott. Pepè, in che cosa consistono le misure di sicurezza in Granda?

«Forse dovremmo prima di tutto capire a quale tipo di sicurezza ci dobbiamo rivolgere: la sicurezza più generica, la protezione dei propri beni o il libero esercizio delle proprie libertà. In questa visione delle cose, ci approcciamo a questo tipo di problematica disponendo sul territorio le nostre Forze dell’ordine, ciascuno per la parte di propria competenza. La prima cosa che noi abbiamo, è il servizio del “112” e del “113”. Qualche volta la telefonata viene girata ad altri Enti, in caso contrario mandiamo immediatamente le pattuglie. Nel corso degli anni abbiamo cercato, assieme ai Carabinieri, di rendere questo servizio il più efficace possibile».

Ovviamente non in tutti i casi si può prevenire sempre…

«Esattamente. Nemmeno disponendo di un… esercito, un “angelo custode sotto forma di poliziotto” per ogni cittadino, riusciremmo a neutralizzare completamente l’illegalità».

In che cosa consistono le Unità operative di pronto intervento (UOPI) e come intervengono sul territorio? Come sono nate e perché?

«Il fenomeno del terrorismo non è una cosa recente, e la risposta dello Stato c’è sempre stata. Tuttavia con l’inizio del terzo millennio si è verificato un fatto nuovo: il terrorismo internazionale. Ha iniziato a colpire anche in Europa. Prima, avevamo con un terrorismo interno. I fatti di Parigi, all’inizio e alla fine del 2015, ci hanno dato la dimostrazione di quello che già si stava percependo».

Un allarme sicuramente sostanzioso, essendo vicino a noi…

«Esattamente. Non è solo per la vicinanza, ma anche perché non ci permette di prevedere quale potrebbe essere il bersaglio. L’imprevedibilità degli attacchi fa parte della “strategia del terrore”, l’attacco a danno di una categoria di persone qualunque. C’è una parte di attività prettamente investigativa, che affonda le radici in una grossa capacità di analisi dei focolai terroristici sparsi per il luogo. E c’è poi un’altra necessità, ovvero quella di dare una immediata risposta in caso in cui si dovesse verificare un grave fatto o un fatto terroristico. Le nuove Unità operative della Polizia nascono per fronteggiare questi tipi di eventi, per dare un intervento immediato. Abbiamo preparato delle Unità specializzate e abbiamo cominciato con l’individuare le prime 20 città in Italia in cui renderle operative».

Quindi Cuneo è una provincia “pilota” per le Unità operative?

«Sì, siamo una delle prime 20 città ad avere le UOPI. Questa decisione è stata presa secondo una serie di parametri: posizione geografica, estensione territoriale… insomma per una ragione strettamente operativa, non è che sia stata estratta “a sorte”».

Come vengono selezionati ed equipaggiati?

«Abbiamo individuato dei poliziotti con capacità superiori alla media e, dopo un addestramento intensivo, li abbiamo dotati di speciali strumenti balistici, di comunicazione e di spostamento: armi, radio, vetture autoblindate… Il loro compito è quello di conoscere il territorio così da poter individuare i punti e le situazioni dove un ipotetico attacco terroristico è più allettante».

Dopo i fatti di Parigi, quali contromisure sono state prese in Italia in termini di sicurezza?

«Beh, come dicevo non ci ha proprio sorpreso l’idea che esistessero i terroristi. Ci eravamo preparati: rafforzando la vigilanza sui grandi obiettivi e sui grandi eventi, manifestazioni come l’Expo o gli eventi sportivi, e finalizzando verso questo scopo l’attività investigativa dei nostri servizi segreti».

Oggi, con l’aumento di immigrazione, come si fa a riconoscere chi è veramente in cerca di un futuro e di un lavoro da chi può essere un potenziale nemico?

«Allora, l’emigrazione è una parte integrante dei fenomeni sociali che hanno caratterizzato questi ultimi 20-30 anni, ed è un fenomeno che conosciamo bene. Venendo al tema dei profughi, l’Italia per prima ha compreso la necessità di dare una risposta immediata in termini di accoglienza. Prima ancora di tutte le problematiche di tipo economico, siamo stati i primi a capire che il profugo in mare andava assolutamente soccorso. E credo che non ci possa essere uomo al mondo che possa pensarla diversamente. Ci è voluta quella fotografia, ormai nota, l’immagine di quel poliziotto che sollevava da terra il corpo di quel bambino annegato in mare, per far capire all’Europa che il problema dei profughi non è solo un tema economico ma anche umanitario. Vi porgo una domanda: voi sapete quanti sono i profughi nella provincia di Cuneo?»

Duemila? Tremila?

«Ce ne sono circa mille, accolti decorosamente, e che in linea di massima non destano particolari problemi per l’ordine pubblico».

Le misure di sicurezza sono utili? Serviranno in caso di attacco? Dobbiamo sentirci sicuri o no? In parole semplici, come siamo messi in questa zona?

«La risposta non è facile e il tema è molto complesso. Posso dire che la situazione è generalmente sotto controllo»

La percezione del cittadino è spesso quella che le azioni delle Forze dell’ordine siano poi vanificate al momento della condanna e della pena. Secondo voi, si può fare qualcosa di più?

«Certamente si deve fare di più. Magistrati e poliziotti fanno bene il loro lavoro e ci impegneremo sempre di più per la sicurezza dei cittadini».

Ci lascia qualche parola rassicurante rivolta ai cittadini della provincia di Cuneo? Insomma: va tutto bene?

«Tutto bene non può andare. La situazione è mediamente sotto la media nazionale La delinquenza è come una malattia in un corpo umano: non godiamo di un’ottima salute, ogni tanto abbiamo qualche acciacco e dobbiamo prendere qualche medicina. Ma nessuno riuscirà mai ad azzerare le malattie del corpo, e nessuno mai riuscirà ad azzerare i fenomeni delinquenziali in una società».

Possiamo comunque affermare che siamo preparati?

«Questo sì. In questa provincia ci sono ottime forze dell’ordine e ottimi magistrati ma soprattutto c’è un tessuto sociale che si basa su valori e su principi forti e ottimali».

Intervista a cura di l.p. - m.s. - k.s. - c.a. - m.r., Istituto “Baruffi” di Mondovì - Classe 4ª B - CAT

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