TRAMA
Christine “Lady Bird” McPherson, è un'adolescente come molte altre, vive a Sacramento e frequenta l'ultimo anno di un liceo cattolico. Siamo nell'autunno 2002, sullo sfondo la crisi irachena, la vita di Lady Bird procede nelle sua routine: tra scuola, amiche del cuore e primi amori. Il rapporto altalenante con la madre prende decisamente una brutta piega quando Christine le confida di volersi iscrivere in un università il più lontano possibile da casa.
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C’è molto di autobiografico in questo lavoro dell’attrice Greta Gerwig che per l'occasione si reinventa dietro la macchina da presa. Ambientazione e periodo storico creano un immediato parallelismo con la protagonista: entrambe di Sacramento, città dove si svolge la vicenda, e ambedue teenager nel 2002, dove la storia è collocata temporalmente. Accavallano questa tesi altri elementi presenti nella pellicola, su tutti la passione per la recitazione, che se per Christine è frutto di una forzatura sentimentale, sappiamo invece che per Greta sarà prolifica e di successo. Il resto è ricordo romanzato, e ci si deve fidare molto della coerenza narrativa presente all’interno della sceneggiatura, scritta utilizzando ampie concessioni artistiche dalla stessa regista.
La stesura di un diario è la forma di autoconfessione più di moda e radicata nelle giovani americane, capace di sopravvivere al susseguirsi delle generazioni e delle evoluzioni tecnologiche. Alle nostre latitudini l’usanza è molto attenuata, ma è comunque facile rispecchiarsi nel diario virtuale di Lady Bird. Nonostante esso non sia fisicamente esistente, lo si percepisce comunque presente in forma astratta. Viene naturale immaginarselo nella genesi del film. Come uno slancio nostalgico che spinge la regista a toglierlo dal cassetto e riprendere a leggerlo. La scelta di raccontare un momento ben preciso non è casuale, si presenta in maniera sequenziale un periodo di essenziale cambiamento, confinato in arco di tempo ben delimitato racchiuso nell’ultimo anno di liceo. Un periodo intenso e decisivo per una ragazza comune quale Christine è, ma che suo malgrado non vorrebbe essere. Quel frammento di esistenza che ne influenza in maniera determinante il prosieguo, e che sancisce ufficialmente il passaggio all’età adulta e della maturazione. Un anno intenso destinato a rimanere inciso nel proprio vissuto, pieno di decisioni importanti e di dubbi.
"Lady Bird" con la regista Greta Gerwig
Sembra invece che Christine le idee le abbia ben chiare, decisa ad allontanarsi il più possibile da quel legame familiare che pare soffocarla, ma che in realtà sfrutta per comodità e abitudine. Desiderio d’indipendenza e ribellione caratteristica dell’età, l’accomuna a tutte le altre coetanee. Nonostante il suo tentativo di andare controcorrente e di far prevalere la propria personalità, auto affibbiandosi il nome di “Lady Bird”: sia come contrasto verso la patria podestà che, per l’intento di distinguersi dagli altri. Attorno a lei tutto quello che contraddistingue il mondo studentesco di impronta americana. La routine sono le lezioni, e gli impegni pomeridiani del doposcuola, la domenica in chiesa e le relazioni con gli amici. Mentre le feste, i balli scolastici e le festività sono le occasioni in cui si riacutizzano i contrasti in famiglia, soprattutto con la madre, che nonostante i duri sforzi per mantenerla, Christine quasi sempre disprezza. Quasi, perché i rapporti di Lady Bird sono molto spesso altalenanti, non soltanto tra le mura domestiche, ma anche con le amiche, che cerca di manipolare con cinismo a proprio vantaggio, o nelle prime esperienze sentimentali, che si rivelano deludenti e umilianti. Gli unici rapporti paradossalmente stabili sembrano essere quelli con insegnanti e direttrice del liceo, le uniche figure adulte che Christine sceglie di apprezzare. Il ritrattato che ne esce fuori di Lady Bird è assolutamente accettabile e normale visto dall’ottica di un teenager, decisamente negativo invece se osservato da una mente più esperta.
Siamo così di fronte a uno scontro generazionale interiore. In bilico tra trasporto nostalgico e rimorso, senza autocensure o cadute retoriche moralizzanti. Non viene offerto un giudizio sull’operato della protagonista, che la regista sembra volersi custodire per se. Consegnando però al pubblico la possibilità di crearsi una sua opinione personale, senza imporre la sua, che conserverà solo per il finale. In un film che mantiene il suo impegno autoriale, cercando di non strafare perdendosi in trovate troppo articolate, senza vergognarsi di attingere dai teen movie, distante da conformismi e falso buonismo. Etichettato come femminista: frainteso, lontano dalla presunzione di caricarsi di questo ruolo. Andando incontro all’esigenza di realismo che il pubblico richiede, in un periodo in cui vengono offerte avventure e personaggi impossibili. Dimostrando come anche l’ordinario nasconda delle storie degne di essere raccontate.