Nel nome (che è lo stesso dell’indimenticabile cardinale di “Camminare insieme”) Michele Pellegrino porta scritto un destino di continui pellegrinaggi e conversioni. E’ un viandante che non usa bastone, zucca e conchiglia del pellegrino proteso a lontani santuari, ma macchine fotografiche fino a ieri pesanti e ingombranti e oggi più maneggevoli e non meno perfette. Dal 1972 in poi, guardando nell’obiettivo con occhio chiaro e con affetto puro, ha fissato genti di provincia e di un nord piemontese preda del sottosviluppo; ha sbirciato scene di matrimonio; ha evidenziato incanti ordinari in architetture minori del Monregalese; è penetrato con delicatezza in clausure conventuali, cosa concessa solo a pellegrini contemplativi come lui. Di scatto in scatto, di libro in libro, anelando sempre più alla perfezione, si è immerso nelle montagne della memoria, nei silenzi, nelle ombre, nelle luci, nelle acque e nelle nevi dei monti. E, attraverso le immagini, ha colto storie e problemi di uomini, di luoghi, di paesi.
A nove anni era già al lavoro, in estate, come umile servitorello in cascine della natia val Pesio; poi divenne artigiano piastrellista, fino a che fu folgorato dalla fotografia sulla via di Chiusa. Allora, da autodidatta, cominciò a far tesoro delle sue esperienze traducendole in immagini pregnanti, a volte polemiche, a volte di sobria ma intensa poesia. Scatti e stampa sempre in rigoroso bianco e nero, con incontentabile perfezionismo e con un taglio e un gusto personalissimi che ne fecero un maestro dell’obiettivo di livello mondiale. Sempre in cammino, sempre avido di scoperte e di approfondimenti per giungere all’essenza delle cose: di quelle animate e anche di quelle apparentemente inanimate, come le rocce, le nuvole, le acque, i fiori. E proprio per rendere al meglio queste meraviglie della natura e le emozioni non solo estetiche che suscitavano in lui, Pellegrino attuò in se stesso la conversione a cui mai avrebbe pensato ma che stava scritta nel suo nome e nel suo destino: il passaggio dall’ascetico bianco e nero al colore filtrato da moderne macchine “digitali”. Un impatto “devastante” con quelle diavolerie – ammette – però una “scappatoia salvifica”, anzi una magia emozionante per lui e per noi. Grazie ad essa, il pellegrinante Pellegrino ha potuto fissare le coloratissime armonie dei fiori di montagna, cogliere tracce di ere geologiche nelle rughe e nelle linee astratte di rocce che prima trascuravamo, e aggiungere altri inviti alla contemplazione: pietre che non sono soltanto pietre, onde e scogli d’un mare di casa mai visto così nuovo; e nevi, nebbie, stagni, autunni d’una bellezza consueta eppure sorprendente, metafora della nostra stessa vita.
Queste nuove tappe del pellegrinaggio per immagini di Michele Pellegrino attraverso “il tempo e le stagioni” sono ora visibili nello splendido catalogo presentato da Mario Cordero, super collaudato esegeta dell’autore, e in una mostra inaugurata il 22 novembre alla galleria “La Luna” di Borgo San Dalmazzo in via Roma 92, e aperta fino al 28 dicembre (sabato ore 10,30 - 13; 16 - 19; domenica 10,30- 12,30).
Il tempo e le stagioni. Nelle nuove foto di Michele Pellegrino
Uno splendido album e una mostra a Borgo S. Dalmazzo del fotografo di Chiusa