Non ha abusato del figlio quando aveva cinque anni. O perlomeno non ci sono prove che l’abbia fatto. Così, mercoledì scorso, il Tribunale di Cuneo ha assolto un padre, residente in un piccolo centro del Monregalese, dall’accusa di aver tormentato il figlio con “toccamenti intimi e baci lascivi”. La madre era accusata di concorso nel reato perché, secondo il capo di imputazione (il pm era Massimiliano Bolla), pur non partecipando, avrebbe assistito senza intervenire.
I fatti contestati ai genitori risalivano al 2003 ma la vicenda giudiziaria era cominciata diversi anni dopo, nel 2012. Il bambino era diventato grande e, a 17 anni, viveva in una comunità famigliare. Un giorno i responsabili del centro scoprirono che aveva trasgredito alle regole: intratteneva una relazione sentimentale con una ragazza che viveva nello stesso posto. I superiori lo scoprirono da sms che i due giovani si erano scambiati sui telefoni cellulari. Venne decisa una punizione e, il ragazzo (oggi maggiorenne), sbottò con la sua tutor confidandole quello che considerava un terribile segreto. Disse: «Mio padre ha abusato di me quand’ero piccolo, ma mai nessuno gli ha dato la punizione che io devo scontare ora». I responsabili della comunità presero sul serio lo sfogo e presentarono un esposto in Procura. Loro sapevano qualcosa che il ragazzo ignorava: il padre, molti anni prima, aveva patteggiato una pena per abusi sessuali sulla figlia, la sorella del ragazzo. Per questo entrambi erano stati allontanati da casa in tenera età. Tutto senza mai saperne il motivo. Il giovane aveva scoperto la verità costituendosi parte civile nel processo. In aula (il processo è stato celebrato a porte chiuse) hanno testimoniato gli operatori della comunità in cui il giovane viveva e sono stati sentiti consulenti tecnici tra cui psichiatri e psicologi, anche quelli che si occuparono della famiglia monregalese al tempo del primo processo. Il rappresentante dell’accusa aveva chiesto per il padre la condanna a tre anni di carcere derubricando il reato all’ipotesi lieve prevista dalla legge. Per la madre è stato lo stesso pm a chiedere il proscioglimento. La difesa, sostenuta dall’avvocato Stefano Barzelloni, ha puntato, fra il resto, sul sentimento di rivalsa che, all’epoca della denuncia, il figlio aveva verso il padre.