#8marzo #12donne «Ribellatevi, denunciate, opponetevi a chi vi fa male. Noi lo abbiamo fatto»

Faith, ex prostituta

«La donna è come il lupo: robusta, piena di energia, di grande forza vitale, capace di dare la vita, leale, errante» (“Donne che corrono con i lupi”, Clarissa Pinkola Estés)

Imprenditrici, lavoratrici, studentesse, insegnanti, con incarichi pubblici, nel volontariato, nello sport. Donne. Giovedì è l’8 marzo, ed è la Giornata internazionale dei diritti delle donne. Noi la chiamiamo genericamente “Festa della donna”, ricorrenza che a volte si sintetizza con una mimosa e una cena al ristorante. C’è di più, ci deve essere di più. Lo abbiamo chiesto a loro, a tante di loro. Di tanti ambiti diversi.

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Di Faith non diremo nulla. Il nome è di fantasia, non vedrete la sua foto, non sveliamo la sua età né altri dettagli. Diciamo solo che viene dalla Nigeria e che ha vissuto l’inferno più brutto di tutti, quello del marciapiede (ma non diremo di quale zona). Schiava del racket, fuori in minigonna e tacchi anche quando fa un freddo cane. Fino a quando volontari della “Papa Giovanni XXIII” l’hanno salvata, fatta rinascere. Ce l’ha fatta, è uscita, e come tante altre ragazze va protetta. Perché c’è chi la vorrebbe uccidere, per il coraggio che ha avuto e per quello che ora sta facendo: aiutando chi è com’era lei.

Faith, lo sai che l’8 marzo è la “giornata delle donne”?
Sì, ora lo so. Ma non l’ho mai festeggiata nel mio Paese. Io sono qui da più di un anno, oggi lo so.
I volontari dell’Associazione che vi ha soccorso vi raccontano qualcosa sui diritti delle donne in Italia?
Sì, lo hanno fatto. So che ci sono tante donne in difficoltà, nelle case o con il lavoro. E so che ci sono tante persone che cercano di aiutarle: meno male che esistono persone così.

Tu vuoi restare in Italia, o vorresti andare altrove?
Io spero di trovare un lavoro e restare in Italia, questo Paese è molto bello. E sono grata all’Italia per quanto mi sta aiutando ora. Ma so che è difficile trovare lavoro qua.

Tu segui i volontari dell’Associazione in strada? E quando lo fai, cosa dici alle ragazze che sono come eri tu?
A volte li seguo, quando loro dicono che è possibile. Quando parlo con le ragazze, io racconto la mia esperienza e dico: lo so che non amate questa vita! Io ero come voi, nemmeno io la amavo! Nessuno può amare una vita come quella. Dico loro che devono trovare il coraggio di uscire, di abbandonare la strada, che al di là di quel mondo di violenza c’è la libertà. Che devono fare come noi, perché ora noi siamo libere. Parlo di libertà.

E loro hanno paura?
Sì, ne hanno tanta. Hanno paura di subire violenze, hanno paura delle minacce verso la famiglia e hanno paura dei riti voodoo fatti dalle loro “madame” (donne che lavorano per gli schiavisti e che approfittano delle superstizioni della cultura da cui queste ragazze provengono, per stringere “patti magici” a cui loro credono, minacciandole di morte o altro). Quando mi dicono queste cose, io gli rispondo che il voodoo non deve fare nessuna paura se hai fede in Dio. E l’Associazione aiuta anche a trovare i contatti con la Polizia nei nostri Paesi, per sapere chi minaccia le nostre famiglie.

Cosa provi ora quando vedi i “clienti” delle ragazze?
Una grande, grandissima rabbia. Sono furiosa. Mi verrebbe voglia di urlargli contro, di cacciarli… togliermi le scarpe e tirargliele! Vorrei gridare: smettetela di cercare queste ragazze e caricarle in auto! Fate loro del male!

L’8 marzo sarete in strada ad aiutare?
Quest’anno no, perché ci hanno invitate a una manifestazione proprio per quella data. Ma ci saranno dei volontari, altrove, che lo faranno.

Voi avete vissuto un inferno. Ma ci sono tante donne che vivono altri tipi di inferni: botte in casa, molestie sul lavoro, violenze in vari ambienti. Date un messaggio a tutte le donne e ragazze.
Dovete essere forti e trovare sempre il coraggio di parlare e denunciare. Sempre. Non chiudetevi nel silenzio. Tutte le donne hanno il diritto di parlare, tutte hanno il diritto di vivere libere e senza paura, di avere figli e una famiglia, di essere amate. Dovete alzare la testa e denunciare: chiamate la Polizia, chiamate le Associazioni. Cercate aiuto, dovete essere aiutate e vi meritate la libertà.

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